Certi bambini by Diego De Silva

Certi bambini by Diego De Silva

autore:Diego De Silva [De Silva, Diego]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2021-05-14T12:00:00+00:00


– Ma ti stai sempre zitta?

– Che devo dire.

Dopo qualche secondo di silenzio (Rosario non si era mai vergognato cosí ma sentiva pure un solletico) la interrogò un’altra volta.

– Quanti anni tieni?

Caterina prima non rispose, poi ci ripensò.

– E tu quanti anni tieni?

– Quattordici.

– See, proprio, – si girò allora lei facendo il gesto di dargli un’occhiata.

Rosario si offese, però si accorse che glielo permetteva.

– Perché, non li posso tenere?

Silenzio.

– Perché, non li posso tenere?

– Vavattenne, va’. Se non tieni un poco di barba.

– Che significa.

Rosario ci aveva messo piú di una settimana, andando a Casa Letizia tutti i giorni, a trovare il momento per restare solo con lei. Finalmente era venuta l’occasione. Erano in cucina, Caterina non poteva scappare perché doveva pulire la credenza.

Certo che ci voleva proprio una faccia per andarsi a mettere nella stessa stanza dove stava lei senza una cosa da prendere, un chiodo da piantare, una ragione qualsiasi per trattenersi abbastanza da parlarle. Ma o cosí o mai piú.

– Che significa, – aveva detto di nuovo Rosario.

Caterina stava girata, ma Rosario riconobbe un sí-sí disegnato con la testa, che si vedeva a malapena. Nell’aria rimase come una sospensione, l’anticipo di qualcosa che sarebbe potuto succedere.

– Io lo so quanti anni tieni, – ci mise sopra lei.

– Pur’io lo so quanti ne tieni tu.

Caterina non gli diede retta, ma Rosario giurò che si fosse ammorbidita.

– Allo’?

– Ma che cosa? – fece lei spazientita, ma anche divertita.

– Quanti anni tieni?

– Ma se mò hai detto che già lo sai.

– Va buo’, e non me lo dire.

– Diciassette, – disse lei a metà tra il volerlo accontentare e il levarselo dalle orecchie.

Rosario continuò a guardarla mentre era ancora di spalle. Con la mano sotto la sedia cominciò a fare un dito per volta. Aveva paura che Caterina si girasse, cosí arrivato al mignolo perdeva il conto e ricominciava. Non riuscí a calcolare la differenza, ma restò ugualmente impressionato da come se la immaginava.

Allora fu lei a rivolgergli la parola. Per la prima volta.

– Ma tu a scuola ci vai?

– Nz’.

– Fino a che classe hai fatto?

– ’A terza, – disse Rosario accompagnandosi con le dita.

– E po’?

– Eh –. E tirò le spalle in su.

– E che fai, fatichi?

– Noo. Quaccosa, accussí.

– Ah, quaccosa accussí.

Rosario sollevò le sopracciglia.

– E che so’ ’sti ccose accussí?

– ’E ssaccio fa’, ’e sorde, – pensò di impressionarla Rosario facendo il gesto di strofinarsi le dita.

– Eh, ha parlato Berlusconi, – concluse Caterina. Non senza una certa bontà.

Rosario si sentí toccare i nervi. Però poi come un prurito divertente.

– Senti me lo fai un piacere? – domandò Caterina.

– Sí.

– Però don Alfonso non lo deve sapere.

Rosario disse sí con la testa. Gesú che gioia.

– Tu domani mattina vieni?

– Sí.

Invece aveva pensato di non andare.

– Mi vuoi portare le sigarette?

– Che sigarette?

– Che vuo’ tu.

– ’E ttengo già, té –. E tirò fuori di tasca un pacchetto morbido già iniziato, con un accendino usa e getta infilato nella plastica intorno. Lo mise sulla tavola e lo spinse verso di lei, come nei film.



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