Che tu sia il mio corpo. Una lettura contemporanea della signoria e della servitù in Hegel (Mimesis) by Judith Butler Chatherine Malabou

autore:Judith Butler, Chatherine Malabou [Judith Butler, Chatherine Malabou]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mimesis
pubblicato: 2017-11-02T23:00:00+00:00

Quando invece la coscienza possiede immediatamente questo concetto (d’infinità), ecco allora che sorge una forma propria, una nuova figura della coscienza [corsivo mio] stessa la quale, non riconoscendo nel cammino già percorso la propria essenza, la considera piuttosto come qualcosa di completamente diverso».90

Esaminiamo allora come «la coscienza entra in scena come forma». Qual è questa scena? La coscienza sembra entrare in scena nel momento stesso in cui essa prende forma o si forma altrimenti. Essa non entra in scena per prendere successivamente una nuova forma; il suo ingresso in scena è piuttosto l’atto stesso attraverso il quale essa prende una nuova forma. In altri termini, entrare in scena, che deve essere una nuova scena (dopotutto, la coscienza è appena entrata da qualche parte), consiste anche nel prendere una nuova forma. La scena e la forma appaiono dunque allo stesso tempo. Entrare in scena, è prendere una forma, e prendere una forma, è effettivamente entrare in scena.

Ma se sono l’infinità o l’autocoscienza stesse a prendere forma, comprendiamo allora che la «forma» non è una nozione semplice: essa non può essere identificata con una forma fissa e statica. La forma viene all’esistenza (essa è al contempo il processo e il risultato finale della formazione), e cessa di esistere (dissolvendosi, perde la sua forma). Inoltre Hegel sottolinea che la forma è «scissa», «divisa in se stessa»91: un modo di descrivere la forma che ne mette in questione l’apparenza stabile, spaziale. La forma appare «come un qualcosa di determinato che è per altro»,92 essa non è semplicemente sussistente per sé; essa è definita in relazione a una serie infinita di altre forme. L’idea che una relazione e un processo di differenziazione definiscano ciò che «è» la forma rimette in questione una nozione di forma strettamente spaziale e statica. Un processo temporale, così come un insieme di relazioni, sembrano essere all’opera nella «forma», tanto che è necessario comprendere gli interstizi tra le forme come parte integrante di ciò che definisce la forma stessa. Hegel comprende come ciò rimetta in questione la forma nella sua accezione comune, un approccio che tende a considerare la forma come sussistente per sé o esistente.

Non si comprende la forma come sussistente «per se stessa» se non si considera l’esistenza determinata per definire cosa una forma sia. Pertanto, rimane «un’infinità di differenze», all’interno della quale e attraverso la quale, questa forma esistente prende forma. Quest’infinità è dunque al centro di ciò che la forma è; essa non costituisce solamente uno sfondo necessario di qualsiasi forma esistente, ma anche un’essenza che non è interamente riducibile a quest’esistenza. Questo tempo aperto e illimitato sembra definire sia la forma che l’esistenza spaziale. Così come la forma non può ridursi alla sua esistenza particolare, essa non può neppure ridursi all’infinità alla quale appartiene. La forma oscilla dunque tra l’esistenza particolare e l’infinità, e questa incertezza diviene la sua caratteristica e la sua azione principale.

Abbiamo il diritto di supporre che, facendo riferimento alla forma, Hegel faccia anche riferimento al corpo? Il corpo ha una forma, e potrebbe essere uno dei modelli fondamentali di cui disponiamo per pensare la forma in generale.

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