Cinema neorealista by Mario Verdone

Cinema neorealista by Mario Verdone

autore:Mario Verdone [Mario Verdone]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2023-05-07T22:00:00+00:00


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Il neorealismo arriva a Parigi

Una testimonianza

Quando non avevo con Vittorio De Sica rapporti riguardanti l’attività professionale di critico, il primo incontro da menzionare avvenne il 21 novembre 1948, in occasione dell’anteprima al Cinema Barberini di Roma del film Ladri di biciclette. Era una mattina di domenica. I rituali appuntamenti del Circolo Romano del Cinema, di cui era presidente Cesare Zavattini, e io uno dei segretari-collaboratori, avvenivano verso le undici. Ricordo che quella proiezione fu per molti di noi un pugno nello stomaco. Non eravamo abituati a opere che descrivevano così bene le difficoltà della vita, la sofferenza dell’esistenza. Eravamo rimasti come senza fiato e circondammo De Sica, all’uscita, assediandolo di domande. Come aveva potuto ottenere quel risultato? Mi rispose: «Ci ho messo un po’ di bontà». Arrivato a casa, scrissi immediatamente due lettere, piene di impressioni entusiastiche. Una a Jean George Auriol, direttore della autorevole “Revue du cinéma”, con il quale avevo fatto amicizia, e una al mio concittadino Rodolfo Della Felice, che dirigeva a Parigi “La Vox d’Italie”, il giornale della comunità italiana, cui destinai un primo articolo. In breve una proiezione del film venne organizzata a Parigi alla Salle Pleyel. Vi accorsero André Gide, i Mauriac, Paul Éluard, Jean Cocteau, André Malraux e Marcel L’Herbier. Fu un trionfo. Si disse che Gide aveva pianto. Marcel L’Herbier proclamò che si trattava della «rivoluzione della verità». Il neorealismo cominciava la sua marcia trionfale nel mondo. Un altro italiano, Emanuele Cassuto, si dedicò con Unitalia Film alla diffusione del cinema italiano all’estero. Mi fu chiesto di segnalare qualche altra novità italiana e io indicai Anni difficili di Luigi Zampa.

Un altro evento rimarchevole, presente Vittorio De Sica, fu la proiezione di Umberto D. al centro Sperimentale di Cinematografia, davanti a critici e allievi della scuola. Era il 23 gennaio 1952. Ho ritrovato un taccuino nel quale avevo segnato le dichiarazioni del regista e posso darne un estratto:

Facciamo del cinema, Zavattini e io, come se volessimo allontanare il pubblico dal cinema cosiddetto commerciale. Ne è sortita la trilogia Sciuscià, Ladri di biciclette, Umberto D. Invece Miracolo a Milano è stato una specie di vacanza. Umberto D. è un film duro, difficile. Vuol descrivere la solitudine dei vecchi. Non vuol essere un film divertente. Ci voleva un interprete particolare, ma gli attori professionisti adatti non sono molti, non hanno quel peso specifico che occorre a Umberto D. Mi volevano dare [Ruggero] Ruggeri, ma non ne ha il volto. Mi occorreva una specie di De Nicola povero. Zavattini voleva addirittura una sorta di barbone, e in questo non eravamo d’accordo. Ero alle strette, disperato, dopo aver visitato ospedali, scuole, uffici, sindacati. Mi avevano segnalato un attore a Parigi, ma anche a lui mancavano le qualità fisiche. Poteva essere un usciere, un operaio, ma non un nostro borghese decaduto. La mia assistente Luisa Alessandrini mi segnala il professore di glottologia Carlo Battisti. Era il tipo che cercavo. Dapprima lo trovai perplesso. Venne a parlare con me, emozionato, con due cravatte al collo. Intervenni presso il Rettore dell’Università e il suo Preside, che capirono i motivi della mia scelta e non lo dissuasero.



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