Cocaina by C.C. De Cataldo

Cocaina by C.C. De Cataldo

autore:C.C. De Cataldo
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
ISBN: 9788858407516
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Giancarlo De Cataldo

Ballo in polvere

1.

Suite

Due fuoristrada Land Rover Defender blindati procedevano di conserva lungo uno dei tanti sentieri che costeggiano le sponde del fiume Apurímac.

Sul primo veicolo, condotto da un indio silenzioso, c’erano tre uomini.

Accanto al conducente sedeva un robusto messicano dai capelli biondi e dagli zigomi di taglio orientale. Il suo nome era Fernando «Rubio» Rivera. Nessuno lo aveva mai visto senza le lenti a specchio dalla montatura rossa. C’era chi diceva che servivano a nascondere una cicatrice che nemmeno la piú avanzata chirurgia plastica era in grado di eliminare. Chi ne attribuiva l’uso a una malattia degenerativa della cornea. La verità è che El Rubio riservava a pochissimi eletti il privilegio del suo sguardo da serpente: ai pari grado del Cártel, alle donne delle quali s’infatuava e agli uomini che sopprimeva. El Rubio era il ministro degli esteri del Cártel de Sinaloa.

La piantagione era cosa sua.

Il secondo era un peruviano, Jaime Gonzales. El Cártel lo stipendiava, e anche bene, per sovrintendere alla coltivazione e al raccolto, ma in sostanza non era niente di piú che un dipendente di medio rango.

Il terzo uomo era Tano Raschillà. Giallognolo, occhialuto, distinto nonostante la mimetica e gli anfibi, era un giovane banker. Laurea a pieni voti alla Bocconi, master alla London School of Economics: don Achille Patriarca aveva deciso di investire su di lui perché era convinto che quel ragazzo, discendente di contadini poveri ma sempre retti e obbedienti e mai infami, si sarebbe fatto strada nella vita.

Non era ancora uomo d’onore, e forse non lo sarebbe mai diventato. Ma don Achille si fidava di lui. Per questo lo aveva mandato in Perú, nella regione del Vrae, con una proposta che El Rubio non avrebbe potuto rifiutare.

Quanto al secondo veicolo, vi erano assiepati sette guerriglieri di Sendero Luminoso, responsabili dell’ordine pubblico nella piantagione e garanti dell’incolumità dei prestigiosi visitatori, e un messicano dal volto butterato e dallo sguardo indecifrabile che si teneva stretto a una chitarra mariachi. Si faceva chiamare El Norte, e nessuno sapeva esattamente da dove venisse. Ma una cosa era certa: non c’era cantante di narcocorridos piú bravo di lui in tutto il Sinaloa. Perciò El Rubio l’aveva comperato, perché cantasse solo e unicamente le sue gesta.

La gita turistica andava avanti da oltre un’ora. L’italiano, che si esprimeva in un eccellente spagnolo, chiese quanto c’era ancora da vedere.

– Ne abbiamo per un’altra oretta, – rispose, pronto, Jaime Gonzales – da qui inizia il settore delle nuove colture. Magari vi interessano i canali che io stesso ho fatto scavare per dosare l’irrigazione quando le piogge stagionali si fanno troppo intense…

El Rubio e l’italiano si scambiarono un’occhiata eloquente. El Rubio batté sulla spalla del conducente e gli fece cenno di ripiegare al campo base. Gonzales ricacciò in gola una protesta.

El Rubio non amava essere contraddetto. I messicani non amavano essere contraddetti. I messicani erano i padroni.

Negli ultimi anni, grazie all’eclissi dei cartelli colombiani e alle guerre dei Bush, padre e figlio, la mafia messicana aveva preso il potere. La pianta della



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