Confessioni di un sicario dell'economia by Perkins John

Confessioni di un sicario dell'economia by Perkins John

autore:Perkins John
La lingua: ita
Format: epub, mobi, azw3
pubblicato: 2004-02-14T05:00:00+00:00


20. LA CADUTA DI UN RE

Una sera del 1978, mentre sedevo da solo nel lussuoso bar fuori dell'atrio dell'Hotel InterContinental di Teheran, mi sentii battere su una spalla. Mi voltai e vidi un iraniano corpulento in doppiopetto.

"John Perkins! Non ti ricordi di me?"

L'ex calciatore aveva messo su un bel po' di peso, ma la voce era inconfondibile. Era il mio vecchio amico di Middlebury, Farhad, che non vedevo da più di dieci anni. Ci abbracciammo e ci mettemmo seduti a chiacchierare. Fu presto ovvio che sapeva tutto di me e del mio lavoro. Era altrettanto ovvio che non intendeva confidarmi molto del suo.

"Andiamo dritti al punto", mi disse mentre ordinavamo altre due birre. "Domani parto per Roma. I miei genitori vivono là. Ho un biglietto per te sul mio stesso volo. La situazione qui sta precipitando. Devi andare via". Mi porse un biglietto aereo. Non dubitai neppure per un momento delle sue parole.

A Roma, cenammo con i genitori di Farhad. Il padre, il generale iraniano in pensione che una volta aveva salvato la vita allo scià intercettando un proiettile che avrebbe dovuto assassinarlo, mi espresse la sua delusione nei confronti del suo ex capo. Disse che durante gli ultimi anni lo scià aveva mostrato il suo vero volto, la sua arroganza e la sua avidità. Il generale dava la colpa alla politica statunitense - e in particolare al sostegno a Israele, a leader corrotti e governi dispotici - per l'odio dilagante in Medio Oriente, e predisse che lo scià sarebbe finito nel giro di qualche mese.

"Sa", disse, "siete stati voi a piantare i semi di questa ribellione all'inizio degli anni Cinquanta, quando avete destituito Mossadeq. Pensavate di essere stati furbi, allora, e lo pensavo anch'io.

Ma ora ne pagate lo scotto; anzi, ne paghiamo lo scotto tutti quanti".8

Le sue parole mi sorpresero. Avevo sentito Yamin e Doc fare un discorso del genere, ma dalle labbra di quell'uomo assumeva un significato diverso. A quel punto tutti sapevamo dell'esistenza di un movimento clandestino di fondamentalisti islamici, ma ci eravamo convinti che lo scià fosse immensamente popolare tra la maggioranza del suo popolo e fosse quindi politicamente invincibile. Il generale, tuttavia, fu esplicito.

"Mi stia bene a sentire", disse in tono solenne, "la caduta dello scià sarà soltanto l'inizio. È un assaggio della direzione che prenderà il mondo musulmano. È fin troppo tempo che la nostra collera cova sotto la sabbia. Ben presto esploderà".

Durante la cena, sentii molto parlare dell'ayatollah Ruhollah Khomeini. Farhad e suo padre specificarono di non sostenere il suo fanatismo sciita, ma erano ovviamente impressionati da ciò che era riuscito a fare contro lo scià. Mi dissero che quell'ecclesiastico, il cui nome si sarebbe potuto tradurre con "ispirato da Dio", era nato da una famiglia di devoti studiosi sciiti in un villaggio vicino Teheran nel 1902.

Khomeini si era volutamente tenuto alla larga dagli scontri tra lo scià e Mossadeq nei primi anni Cinquanta, ma si era opposto attivamente al sovrano negli anni Sessanta, criticandolo con tale fermezza da essere esiliato in Turchia



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