Contro l'architettura by Franco La Cecla

Contro l'architettura by Franco La Cecla

autore:Franco La Cecla [Cecla, Franco La]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2016-04-17T22:00:00+00:00


Dalla Francia all’Europa

C’è però una seconda componente più generale, che si estende all’Europa nel suo insieme, ed è la specificità dell’habitat di periferia. Le banlieues sono discriminanti, come nota Paul Virilio, per il solo fatto che esistono e che rappresentano una maniera di «stoccare» e tenere lontano dal centro urbano una parte della popolazione considerata a tutti gli effetti poco desiderabile. È in questa chiave che si può comprendere perché mai la rabbia degli adolescenti colpisca il proprio quartiere, le auto della gente del proprio quartiere. Non c’è soltanto una voglia di autodistruzione, ma anche la voglia di cancellare fisicamente la struttura che li tiene fuori dalla vera città, quelle stecche e barre, quelle torri e piazze che sono solo il simbolo dell’essere «fuori». C’è in particolare a Parigi la rabbia contro l’ostinazione amministrativa a non volere considerare parte della città (come aveva già notato un secolo e mezzo fa Victor Hugo) tutto ciò che cade al di là del périphérique dove ancora sono posti i cartelli che dividono Parigi dal resto del mondo, quando in realtà la città ha da ormai cinquant’anni superato di molto quel limite. Parigi, si direbbe, non sopporta di allargarsi e considera marginali tutti coloro che non hanno il privilegio di vivere negli arrondissements storici.

Si può dire che, bruciando le banlieues, i giovani hanno messo in scena, di fronte alle telecamere di tutto il mondo, la fine di un modello urbano che nasce da un’utopia che in Francia ha avuto un’applicazione vasta ed efficace, ma che è presente in maniera pervasiva, anche se con sfumature e caratteristiche nazionali, in tutta Europa e in tutto il mondo «colpito» dalla modernizzazione del dopoguerra.

C’è nell’ideologia dei grands ensembles, dei massicci quartieri operai e popolari alla periferia della città, una concezione della società, della città e dell’alloggio molto speciale. Una concezione che è comune per lo meno alla storia europea nel suo insieme e con cui oggi tutta l’Europa deve fare i conti (e che è divenuta tanto più pericolosa quanto più è stata difesa per lungo tempo dalle compagini progressiste che vi ravvisavano ancora il simbolo della realtà operaia – per esempio in Spagna questa è la posizione di uno studioso come Manuel Delgado). Si tratta di un’idea dell’abitare come forma di disciplina sociale, quale l’aveva definita Michel Foucault.33 L’alloggio, termine rivoluzionario per definire un luogo dove stoccare la classe operaia, aveva anzitutto una funzione culturale, «informava» gli occupanti del loro statuto di ingranaggi in un sistema più complesso, definiva la vita come una serie di funzioni separate di cui lo stato o i tecnici o gli urbanisti avevano il senso dell’insieme. L’alloggio presuppone la fine della «casa» come unità di vita e di produzione, ma anche come orizzonte simbolico in cui inserire la propria rete di relazioni primarie, familiari, amicali, di solidarietà e di vicinato. Nell’alloggio queste reti vengono dissipate, principalmente ci si riposa e ci si riproduce come forza lavoro – viene inventato il quartiere dormitorio – delegando la centralità della vita – in un’ottica taylorista



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