Contro le mostre by Tomaso Montanari & Vincenzo Trione

Contro le mostre by Tomaso Montanari & Vincenzo Trione

autore:Tomaso Montanari & Vincenzo Trione [Montanari, Tomaso & Trione, Vincenzo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: arte, Antropologia, Saggistica
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il coinvolgimento degli enti locali presenta innanzitutto evidenti tratti di incostituzionalità: il patrimonio storico e artistico è «della nazione» (art. 9 Cost.), e dunque non si capisce perché il Comune di Firenze debba influenzare la direzione culturale degli Uffizi piú di quello di Milano, o la Regione Veneto determinare quella dell’Accademia di Venezia piú della Regione Campania. In Costituente, Concetto Marchesi si batté con la profondità del latinista e la sapienza del giurista, ma soprattutto con l’amara consapevolezza del siciliano: l’approvazione dello statuto autonomo speciale della sua regione (che prevedeva la legislazione esclusiva anche in materia di «conservazione delle antichità e delle opere artistiche», e che ha in effetti poi determinato un terribile degrado del patrimonio siciliano) gli faceva temere che la raffica regionalistica avrebbe investito anche questo campo delicato del nostro patrimonio nazionale. E l’Assemblea reagí con «vivi applausi» quando Marchesi paventò il forte rischio che «interessi e irresponsabilità locali abbiano a minacciare un cosí prezioso patrimonio nazionale»3. Che è esattamente ciò che sta succedendo. Si badi, non è un caso: Franceschini ha piú volte citato come esempio di riferimento il Museo Egizio di Torino, trasformato in fondazione di partecipazione: con gli enti locali, e i privati, rappresentati nel consiglio d’amministrazione. Ed è questo il futuro prossimo che si annuncia: una sostanziale devoluzione agli enti, e alle oligarchie, locali di quel patrimonio museale che dovrebbe invece rappresentare e articolare l’unità di una nazione fondata sulla cultura come forse nessun’altra in Europa.

Ma c’è un aspetto ancora piú grave, ed è l’idea stessa che alla politica – e non alla comunità scientifica – spetti la nomina degli scienziati (in questo caso cultori delle scienze storiche e storico-artistiche), in un processo che rischia di assimilare le direzioni dei musei al consiglio d’amministrazione della Rai. Franceschini non si è accontentato dell’enorme potere diretto che la riforma gli accorda: sul «Corriere del Mezzogiorno» è trapelata la notizia (non smentita) di una sua lettera che chiedeva alla Regione di revocare la nomina dell’ex soprintendente Nicola Spinosa nel consiglio scientifico di Capodimonte, perché reo di essersi pubblicamente pronunciato contro la riforma4. E davvero l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un maccartismo contro gli storici dell’arte non allineati. Queste modalità di reclutamento rappresentano il culmine della progressiva espulsione dalla guida del patrimonio culturale dei tecnici selezionati da altri tecnici sulla base delle regole della comunità scientifica. Un’espulsione che mira a evitare che il governo del patrimonio possa essere affidato a «personalità d’intellettuali, i quali anziché cedere alla continua insidia e alla tradizione delle tante trahisons, assumessero e mantenessero a ogni costo e in ogni caso la responsabilità dell’intervento mondano dello spirito critico» (per usare le ispirate parole di Carlo Ludovico Ragghianti)5.

È in questo quadro che si deve leggere anche l’ostentata preferenza per direttori “stranieri”. Laddove le perplessità non scaturiscono certo da una visione xenofoba, radicalmente incompatibile con l’idea stessa di una comunità scientifica che coincide con una république des lettres priva di confini interni. Ma se l’enfasi sugli stranieri si legge nel quadro fin qui delineato,



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