Conversazioni in esilio by Norman Manea

Conversazioni in esilio by Norman Manea

autore:Norman Manea [Manea, Norman]
La lingua: ita
Format: epub
editore: il Saggiatore
pubblicato: 2021-03-14T23:00:00+00:00


X CONVERSAZIONE

Un pedone in America

HS

Torniamo all’altro paese folle, l’America. Lei arrivò qui nel 1988 con una borsa Fulbright. In tasca aveva un permesso di soggiorno per studio – qual era la durata di questo permesso?

NM

Un anno. Arrivammo a marzo e la borsa copriva sino alla fine dell’anno. Venne poi prolungata di quattro mesi.

HS

All’epoca aveva già preso una decisione riguardo al lasciare o meno la Romania?

NM

No. Non avevo preso la benché minima decisione. Ero confuso, tanto quanto prima. Mia madre morì nel 1988, in luglio, quindi un paio di mesi dopo il mio arrivo in America, e mio padre fece richiesta di espatrio in Israele, senza domandarmi nulla…

HS

In America dove stava, a Washington?

NM

Sì.

HS

Quindi lei visse un anno a Washington senza sapere che cosa dovesse fare.

NM

Sì. Come vede l’immagine che do di me stesso non è certo lusinghiera.

HS

Alla fine che cosa la spinse a rimanere qui? Forse proprio la morte di sua madre e il trasferimento di suo padre in Israele?

NM

Può darsi che questi elementi abbiano contribuito. Il motivo principale era però un altro. La vera ragione alla fine – il processo di distacco, ribadisco, per me ha bisogno di tempi lunghi – fu la situazione in cui si trovava la Romania dopo il 1989.

HS

Che cosa le faceva paura qui in America?

NM

Tutto. Pensavo che non sarei mai riuscito a adattarmi. Ne parlai con Philip Roth.

HS

Come ha conosciuto Roth?

NM

Gli avevo già scritto quando stavo a Berlino. All’epoca lui viveva a Londra. Mi ero rivolto a lui anche perché in quel periodo stava curando la pubblicazione di una serie di libri di autori provenienti dall’altra Europa: Milan Kundera, Bruno Schulz… Non è falso dire che Roth era uno dei pochi americani che avevano perlomeno una vaga idea di cosa fosse l’Europa dell’Est. Io gli avevo proposto un’antologia di prosa romena contemporanea, testi che erano già stati pubblicati in Romania. Da Berlino gli avevo descritto il mio dilemma personale. Mi rispose in modo estremamente gentile. Mi segnalò alcuni nomi di persone con cui prendere contatto a Parigi. Aggiunse anche di telefonargli, se alla fine fossi approdato in America. Quindi, una volta in America, ci incontrammo. A un certo punto del nostro dialogo, Roth mi chiese che cosa mi aspettassi dall’America, che cosa cercassi. Un buco, risposi. Un buco in cui ritirarmi, nascondermi. Questo è tutto ciò che voglio. In America ci sono moltissime cose di cui lei ora non riesce ad avere la più pallida idea. Mi rispose Philip Roth. Un buco in cui ritirarsi, però, lei qui non riuscirà mai a trovarlo. Questo dimostra in che stato d’animo mi trovassi allora. Sì, dell’America avevo davvero paura. Pensavo che il mio temperamento, il mio tipo di sensibilità, la mia solitudine non fossero capaci di entrare in contatto con questo paese.

HS

Sono stupito. In fondo la cosa stupenda in America è che ti lasciano in pace. Qui si può andare in giro a passeggio con in testa un sacchetto di carta.



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