Corso di lettura creativa by Franco Mimmi

Corso di lettura creativa by Franco Mimmi

autore:Franco Mimmi [Mimmi, Franco]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2014-12-02T16:00:00+00:00


NONA LEZIONE

Addirittura un cartello? VIVA IL ROMANZO! Ma che simpatici, che cosa sarà la prossima volta, una manifestazione? Va bene, va bene: torniamo al romanzo e al rispetto che gli è dovuto, e facciamola finita una volta per tutte. Voglio dire: facciamola finita con questo vostro modo subdolo di farmi divagare, non con il romanzo, perché quello, con buona pace di chi si affanna periodicamente a gridare che il romanzo è morto e perfino ci scrive libri sopra (perché non un romanzo giallo, mi chiedo io, visto che c'è un morto), quello non l'ammazza nessuno, sebbene molti ci provino. E la ragione della sopravvivenza mi sembra così ovvia da essere banale, sicché gli strilli che annunciano il decesso sono pura stupidità o slogan pubblicitari per vendere qualcosa (vi ricordo che un certo Francis Fukuyama annunciò persino la fine della storia, il che andava evidentemente contro il secondo principio della termodinamica, e ci vendette milioni di copie).

Il romanzo esisteva prima di chiamarsi così, e magari un giorno qualcuno gli troverà un altro nome, ma poichè non è altro che l'espressione delle speranze, dei timori, delle fantasie, o semplicemente dei succhi ghiandolari e degli ormoni umani, per eliminarlo, si chiami come si chiami, si dovrebbe eliminare il genere umano. Il romanzo corre un unico rischio, la mediocrità dei romanzieri, ma questa non è una novità: basta ripercorrere le avventure di quell'inguaribile e piagnucoloso cialtrone che è il Lucien de Rubampré del balzacchiano Le Illusioni Perdute - qualcuno ha detto che in realtà tutti i romanzi dovrebbero chiamarsi così - e si ritroverà il demi-monde letterario di allora, di oggi e di sempre. È solo a teatro, all'Hotel de Bourgogne, che si trova un Cirano di Bergerac pronto a bastonare l'attore Montfleury per la sua interpretazione de La Clorise di Balthazar Baro: i critici ufficiali, meno puri e meno coraggiosi dell'eroe dal gran naso, si accontentano di presiedere qualche ricco premio letterario.

E bravi, siete riusciti di nuovo a farmi divagare. Vedo dei sorrisini che vogliono dire non è stato poi così difficile, pazienza. Ma questo, in fin dei conti, dimostra ciò che avevo intenzione di dirvi per porre fine alla questione dello scrivere, che tanto vi attrae: rem tene, verba sequentur. Tradotto, per i più incolti di voi: sii padrone dell'argomento, le parole seguiranno. Qui siamo in piena arte forense, c'è chi attribuisce la frase a Cicerone e chi a Catone il Censore, ma si sa che presso gli antichi le orazioni degli avvocati erano più una questione letteraria che giuridica, si trattava più di convincere che di provare, e insomma erano tutto un romanzo. Aggiungete, anziché contrapporre, l'importanza della forma sostenuta da Aristotele, il come che deve abbellire il che cosa, e avrete trama e stile, il che dimostra, per tornare al latinorum, che nihil sub sole novum.

Ciò detto, vi dispiace se torniamo dalla nostra confusione a quella tanto odiata da Parsifal Botto? Riprendiamo dunque la caccia all'autore. Che tipo di scrittore è Ulivò? Stabilisce un contatto diretto con i suoi lettori?



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