Cristo Si È Fermato A Eboli by Carlo Levi

Cristo Si È Fermato A Eboli by Carlo Levi

autore:Carlo Levi [Levi, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T07:36:22+00:00


A B R A C A D A B R

A B R A C A D A B R A

I contadini, dapprincipio, cercavano di nascondere questo amuleto, e quasi si scusavano con me di portarlo: perché sapevano che i medici hanno l’abitudine di disprezzare queste superstizioni, e di tuonare contro di esse, in nome della ragione e della scienza. E fanno benissimo, là dove la ragione e la scienza possono assumere lo stesso carattere magico della volgare magìa: ma qui, esse non sono ancora, e forse non saranno mai, divinità ascoltate e adorate.

Perciò io rispettavo gli abracadabra, ne onoravo l’antichità e l’oscura, misteriosa semplicità, preferivo essere loro alleato che loro nemico, e i contadini me ne erano grati, e forse ne traevano davvero vantaggio. Del resto, le pratiche magiche di quaggiù sono tutte innocue: e i contadini non ci vedono nessuna contraddizione con la medicina ufficiale. L’abitudine di dare a ogni malato, per ogni malattia, anche quando non è necessario, una ricetta, è una abitudine magica: tanto più se la ricetta era scritta, come un tempo, in latino, o almeno con calligrafia incomprensibile. La maggior parte delle ricette basterebbe a guarite i malati, se, senza essere spedite, fossero appese al collo con una cordicella, come un abracadabra.

Di oggetti a virtù generica, oltre agli abracadabra, ce n’erano moltissimi e svariatissimi: segni cabalistici, astrologici, immagini di santi, Madonne di Viggiano, monete, denti di lupo, ossi di rospo, e così via: tutto un armamentario tradizionale. Più originali sono le cure delle singole malattie.

I vermi dei bambini si incantano, per sola virtù di parole. Si dice: Lunedì santo

Martedì santo

Mercoledì santo

Giovedì santo

Venerdì santo

Sabato santo

Domenica è Pasqua

Ogni verme in terra casca!

E poi, tornando indietro:

Sabato santo

Venerdì santo

Giovedì santo

Mercoledì santo

Martedì santo

Lunedì santo

Domenica è Pasqua

Ogni verme in terra casca!

Questa doppia formula, ascendente e discendente, va pronunziata tre volte di seguito davanti al malato. E i vermi, incantati, muoiono, e il bambino guarisce. È certamente una formula antichissima, contaminazione di uno scongiuro romano arcaico, che ci resta fra i primi documenti della lingua latina, con un elemento cristiano.

L’itterizia si chiama, qui, il «male dell’arco»: la malattia dell’arcobaleno, perché per essa l’uomo cambia di colore, e in lui, come nello spettro del sole, prevale il color giallo. Come si prende il male dell’arco? L’arcobaleno cammina per il cielo, e appoggia sulla terra i suoi due piedi, muovendoli qua e là per la campagna. Se avviene che i piedi dell’arco calpestino dei panni posti ad asciugare, chi indosserà quei panni prenderà, attraverso la virtù che vi è stata infusa, i colori dell’arco, e si ammalerà. Si dice anche (ma la prima ipotesi patogenetica è la più diffusa e credibile) che bisogna guardarsi dall’orinare contro l’arcobaleno: il getto arcuato del liquido somigliando e riflettendo l’iride arcuata del cielo, l’uomo intero diventerà una specie d’iride gialla. Per combattere l’itterizia, il malato deve essere portato, alla prima alba, su un colle fuori del paese. Un coltello dal manico nero deve essergli appoggiato sulla fronte, dapprima verticalmente, poi orizzontalmente, in modo che ne venga una specie di croce.



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