Cuori arcani by Melissa Panarello

Cuori arcani by Melissa Panarello

autore:Melissa Panarello [Panarello, Melissa]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
editore: Mondadori
pubblicato: 2020-07-30T12:00:00+00:00


XVI

LA STELLA

Fede, sensibilità

Prima o poi quel momento doveva arrivare. Finora mi ero lavata a pezzi, compresi i capelli che avevo lavato nel lavandino in una posizione da contorsionista che mi aveva quasi spezzato la schiena. E adesso dovevo immergermi nella vasca, una cosa che non poteva più essere rimandata.

Nella mia stanza mi spogliai in fretta rabbrividendo per il freddo e in reggiseno e mutande percorsi il breve tratto che dalla mia stanza portava al bagno. Poggiata sul lavandino, c’era una stufetta che accesi immediatamente mentre tremante aprivo i rubinetti. Il rumore dell’acqua rimbombava nella mia testa e fra le pareti del bagno semispoglio, con mattonelle rosa chiaro e un vago odore di pot-pourri (mi accorsi dopo che c’era una manciata di fiori secchi in una ciotola di cristallo, in cima allo specchio). In pochi minuti la stanza si riscaldò, e il vapore che si levava dall’acqua calda avvolse il bagno di una nebbiolina. Mi guardai allo specchio: non ero mai stata in carne, la mia magrezza aveva sempre messo in allarme la nonna e zia Rosetta, che avevano provato a farmi mangiare qualsiasi cosa per farmi aumentare di peso, ma non era servito a niente. Avevo preso da mio padre, altissimo e magro, con quell’aria sempre dinoccolata che lo faceva sembrare un eterno adolescente. Però il viso era tutto di mia madre: gli occhi chiari, i capelli color mogano. Delle foto che avevo, non ce n’era nemmeno una in cui mia madre li portasse lunghi, e io non li tagliavo da tanti anni, ormai mi accarezzavano i fianchi. Arturo mi aveva detto che avrei dovuto smetterla di nascondermi dietro i capelli e forse aveva ragione: il mio volto spariva dentro la massa fulva e in quel momento avevo più che mai bisogno di riconoscermi, vedermi intera. Aprii i cassetti del mobiletto accanto al lavandino, trovai quello che cercavo: grosse forbici di acciaio. Mi guardai un’ultima volta con i capelli lunghi che mi facevano da velo, poi il suono netto dell’acciaio fu seguito da quello soffice dei capelli che cadevano sul pavimento. Non provavo nessuna nostalgia, solo una grande eccitazione: ero più simile a mia madre, ero diversa da quando avevo lasciato casa di nonna ed ero arrivata lì, non ero la stessa persona dentro, non potevo esserlo neanche fuori. La lunghissima chioma non c’era più, al suo posto c’era un caschetto appena sotto le orecchie. Dimostravo molti meno anni e il viso sbucò fuori, rivelandosi più tondo di quanto mi sarei aspettata. Mi piacevo, ero una versione nuova, inattesa. Contenta di quel cambiamento, decisi che era arrivato il momento di affrontare la mia paura dell’acqua.

Provai a non guardare la superficie della vasca: sarebbe stato tutto più semplice se avessi fatto il bagno in fretta e con gli occhi chiusi. Mi avvicinai e feci per infilare il primo piede nell’acqua per saggiarne la temperatura.

«Stai benissimo con i capelli corti. Sei bellissima.» Era la voce di Arturo.

Trasalii. Aprii gli occhi e lo vidi attraverso la nebbia.

«Che ci fai qui? Esci, ti prego.» Non sapevo dove guardare, tanta era la vergogna.



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