Dalla rivoluzione alla democrazia (Italian Edition) by Piero Fassino

Dalla rivoluzione alla democrazia (Italian Edition) by Piero Fassino

autore:Piero Fassino
La lingua: ita
Format: azw3
editore: Donzelli Editore
pubblicato: 2021-01-14T23:00:00+00:00


14. Fede e politica: la questione cattolica

Il 25 marzo 1947 Palmiro Togliatti interviene all’Assemblea costituente per illustrare la decisione del Pci di votare a favore dell’articolo 7 che include nella Costituzione il riconoscimento dei Patti Lateranensi e del Concordato. È una decisione tutt’altro che naturale o scontata. Un altro tratto fondamentale del partito nuovo.

L’anticlericalismo è stato per decenni una costante del movimento socialista, peraltro non solo in Italia: basti ricordare i rapporti organici, fin dalle origini, tra socialismo e massoneria in Francia. Tutti i movimenti socialisti che sorgono in Europa tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento sono caratterizzati da una robusta vena anticlericale. E così anche in Italia.

Peraltro l’atteggiamento conservatore del Vaticano – dal non expedit di Pio IX all’anticomunismo di Pio XII – aveva radicato a sinistra sentimenti ostili. Il fatto poi che il Concordato fosse stata una iniziativa di Mussolini, e che ne fosse derivato un generale atteggiamento di favore al fascismo da parte delle strutture ecclesiastiche, aveva ulteriormente sedimentato un’astiosità nei confronti del Vaticano. Sono tutte ragioni che spingono una parte della sinistra – soprattutto i socialisti e gli azionisti – a essere contrari al riconoscimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione.

Togliatti decide in senso opposto. E non soltanto per un motivo tattico non banale, quale quello di evitare una rottura con la Dc, con cui il Pci è in quel momento alleato di governo.

C’è in realtà una scelta strategica che Togliatti, con l’ampio intervento in Parlamento, argomenta intorno a più obiettivi: riaffermare il pieno riconoscimento della libertà di coscienza, di culto, di propaganda e organizzazione religiosa; sancire definitivamente la chiusura della «questione romana» e ogni forma di conflittualità tra Stato italiano e Chiesa cattolica; evitare qualsiasi genere di contrapposizione ideologica o religiosa che laceri la nazione e divida le masse popolari quando invece la ricostruzione del paese richiede la massima unità. È un discorso coerente con l’unità antifascista perseguita con determinazione dal Pci, con la proposta più volte avanzata da Togliatti di un accordo tra i grandi partiti popolari, con la salvaguardia del carattere unitario della Cgil e delle organizzazioni di massa.

C’è peraltro in Togliatti la piena consapevolezza della centralità della Chiesa e del mondo cattolico, testimoniata dal forte consenso elettorale raccolto dalla Democrazia cristiana nel voto per la Costituente. E c’è la elaborazione che Antonio Gramsci ha dedicato alla questione vaticana e al suo rapporto con la questione contadina e la questione meridionale. Né può essere dimenticato che il movimento dei cattolici comunisti, sorto durante la Resistenza, in gran pare confluirà nel Pci e suoi esponenti – come Franco Rodano, Marisa Cinciari, Tonino Tatò – ne diverranno autorevoli dirigenti.

Nell’immediato dopoguerra all’approvazione dell’articolo 7 si accompagna la costante tensione a coinvolgere i cattolici nella realizzazione del sindacato unitario e dell’associazionismo democratico. E quando nel ’47-48 il tessuto unitario si lacera, il Pci non rinuncia a ricercare terreni di convergenza, come nella ricostruzione postbellica. E così, negli anni della guerra fredda, di fronte al riarmo nucleare e al rischio di un conflitto armato tra Occidente



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