Dante enigma by Matteo Strukul

Dante enigma by Matteo Strukul

autore:Matteo Strukul [Matteo Strukul]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2021-04-14T16:00:00+00:00


Terza parte

La furia

(Primavera 1289)

39

Carlo II d’Angiò

Firenze era in festa. Dopo essere stato atteso per mesi, il re di Francia entrava in città.

Sconfitto quasi cinque anni prima presso il golfo di Napoli dall’ammiraglio Ruggero di Lauria, e tenuto nelle galere spagnole fino all’ottobre dell’anno precedente, Carlo II d’Angiò aveva lasciato ad Alfonso d’Aragona i figli in ostaggio presso il castello di Campofranco. Solo in quel modo gli era stato possibile riottenere la libertà.

Ora scendeva da Parigi in Italia per andare a farsi incoronare da papa Niccolò IV a Rieti e tornare a riprendersi il trono di Sicilia che gli era stato sottratto.

Le strade erano affollate in quel mattino di primavera e adornate di fiocchi e archi celebrativi. Non si era badato a spese per un simile ospite che aveva consentito alla guelfa Firenze l’uso delle proprie insegne reali. Ovunque era uno sventolare di stendardi e gonfaloni recanti i gigli d’oro in campo azzurro.

Come tutti, anche Dante aspettava di vedere il grandioso ingresso di Carlo in città. A quanto si diceva, era chiamato lo Zoppo per via di una menomazione che fin dalla nascita l’aveva reso claudicante. Questo, tuttavia, non gli aveva impedito di combattere e di essere pronto a ricominciare non appena avesse ricevuto la corona di re di Sicilia e di Gerusalemme dal papa.

«Eccoli», gli disse Vieri che, come spesso accadeva, ormai, lo aveva voluto vicino a sé.

Era vero.

Carlo avanzava sulla via in groppa a un grande cavallo bianco, bardato con finimenti d’oro. La sopravveste recava i magnifici gigli, simbolo della casata di Angiò. Sotto di essa, il re indossava la cotta lucente, con intarsi in oro e argento. Alzava la mano e salutava la folla adorante. Dagli usci e dai balconi, dalle torri e dalle tribune in legno montate ai bordi delle vie piovevano grida di giubilo. Gli uomini alzavano i pugni al cielo, le donne salutavano portando una mano al cuore, gli sguardi rapiti dallo splendore dei cavalieri in arcione, i bimbi correvano con i dolci comprati dai venditori ambulanti.

Di fianco al re cavalcava Amerigo, visconte di Narbona e capitano di ventura, con la sopravveste bianca tempestata di scudi rossi. Una gorgiera a piastre rivettate gli proteggeva il collo e mandava bagliori rossi per via dei rubini che vi erano stati incastonati. Era giovane e bello e la folla andò in visibilio.

Subito dietro di lui, ecco invece un cavaliere più vecchio ed esperto. Il suo aspetto era meno scintillante e più spartano rispetto a quello del re e del visconte. Anzi, al confronto appariva addirittura dimesso.

«Chi è quell’uomo?», domandò Dante, indicandolo con il capo, colpito da tanta austerità.

Vieri guardò l’uomo indicato da messer Alighieri. «Ah», disse compiaciuto, «vedo che avete individuato l’uomo di maggior valore dell’intero schieramento.

«Davvero? A dire il vero mi ha colpito per il suo aspetto…».

«…Austero», lo interruppe Vieri.

«Proprio così».

«Ebbene quello è Guglielmo di Durfort, tutore del visconte Amerigo che gli cavalca davanti. È un eccezionale guerriero, è balio di Carcassonne e ha grandi possedimenti nella contea di Foix. Al contempo è un uomo molto pio ed è fortemente legato ai frati serviti ai quali non manca di versare regalie e donazioni».



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