Denis Mack Smith by Storia d'Italia dal 1861 al 1997

Denis Mack Smith by Storia d'Italia dal 1861 al 1997

autore:Storia d'Italia dal 1861 al 1997 [1997, Storia d'Italia dal 1861 al]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-09-13T17:23:02+00:00


Alla vigilia della guerra del 1914-18, Giolitti era l'uomo più potente nel Parlamento, ma era divenuto assai impopolare nel paese.

Nel febbraio 1914 i radicali decisero di ritirare il loro appoggio. Il radicalismo era diventato una congerie confusa che comprendeva dai liberali ai semi-socialisti, liberoscambisti e protezionisti, irredentisti e pacifisti, e non aveva radice alcuna in nessun solido interesse sezionale; ma i suoi 78 deputati costituivano una terza forza all'interno del sistema politico giolittiano. Nel 1913 un gruppo di radicali massoni attaccò il patto Gentiloni, sostenendo che il Vaticano, in quanto ente religioso e di diritto internazionale, doveva essere tenuto lontano dalle questioni temporali e nazionali. I ministri radicali Sacchi e Credaro furono costretti a dimettersi dal congresso del loro partito del 1914 e Giolitti, pur continuando a conservare la maggioranza, colse l'occasione per quello che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere un altro ritiro temporaneo dalla scena politica. La guerra libica aveva comunque creato serie difficoltà finanziarie e nuovi scogli si profilavano all'orizzonte sotto forma di uno sciopero ferroviario e di agitazioni agrarie. Un altro periodo di attesa lontano dal potere avrebbe potuto essere di beneficio per la sua reputazione e la sua carriera. Egli si era servito con successo dell'estensione del suffragio e della guerra in Africa per dividere i gruppi di opposizione, ma socialisti, cattolici e nazionalisti avevano tutti aumentato la loro rappresentanza parlamentare e messi insieme avrebbero ben presto rovesciato il carrozzone liberale dell'alta borghesia.

La carriera attiva di Giolitti era giunta quasi alla fine. Era stato accusato di operare in maniera dittatoriale, ma anche del contrario, di lasciare cioè che le cose seguissero il loro corso fatale; e questa seconda accusa conteneva una parte di verità. Non c'è dubbio che l'Italia di Giolitti avesse qualcosa dello Stato di polizia: le memorie di Armando Borghi ci fanno conoscere casi di gente detenuta in carcere senza mandato e di repressione violenta da parte della polizia. Ma questo non era un fatto eccezionale nell'Europa di quel tempo. Giolitti non tentò in alcun modo di rovesciare le istituzioni esistenti, ma si limitò a sfruttarle a proprio vantaggio; e se lasciò dietro di sé una situazione politica non del tutto sana, la responsabilità principale di ciò ricadeva sulle tradizioni e sugli istituti vigenti piuttosto che su di lui personalmente.

Nessuno può negare che vi furono molte cose che non andarono a dovere in campo politico durante questo periodo di

«giolittismo». Commissioni parlamentari d'inchiesta erano state nominate con frequenza per indagare sulle corruzioni elettorali, sulle appropriazioni indebite nelle forze armate e sugli appalti per la costruzione di uffici governativi. La commissione Saredo già nel 1901 aveva messo in luce gravi abusi compiuti nella città di Napoli. Nel 1908 il siciliano professor Nasi, già ministro della Pubblica Istruzione, fu riconosciuto colpevole dal senato, riunito in Alta Corte di giustizia, di appropriazione indebita di fondi appartenenti al suo ministero. Né giovò a ridar fiducia all'opinione pubblica il fatto che il reo fu condannato soltanto a una breve pena detentiva, che gli venne per di più consentito di



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