Di cuore e di coraggio by Giacinto Siciliano

Di cuore e di coraggio by Giacinto Siciliano

autore:Giacinto Siciliano
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2020-07-23T12:00:00+00:00


11.

Alcuni dei detenuti che compiono un percorso di “liberazione” e di cambiamento provano, alla fine, a chiedere il perdono alle vittime. Altri, pur facendo lo stesso percorso, sono convinti di non meritarselo, e non ci provano nemmeno, hanno vergogna, pensano che sia chiedere troppo.

Quando sei vittima o vicino a una vittima è difficile perdonare, ma è difficile concepire il perdono anche se non hai subito torti, soprattutto se nella testa hai l’immagine di un irriducibile del crimine alla Totò Riina. Lo posso comprendere, posso intuire quello che si prova. E posso, perché vittima lo sono stato anch’io. Per fortuna, non ho subito perdite negli affetti, ma sento di aver sacrificato una parte della mia libertà e allora intuisco che la strada del “perdono” sia un percorso complicato da affrontare.

«Non ci sono direttori che mi vogliono male, forse sulla carta geografica solo questo qua non mi vuole bene. Nemmeno io lo posso vedere, siamo un po’ gli stessi…»

Sollevando le mani, aveva fatto segno alla moglie con i due indici che si scontravano; quegli indici eravamo io e lui. Io, il direttore, e lui, Totò Riina.

«È giovane?» gli aveva chiesto la moglie nello stesso colloquio. Ignorando la domanda, lui aveva mimato più volte una risposta con il labiale: «Servizi segreti…».

Era il periodo in cui l’attenzione della stampa nei miei confronti e del processo che stavo affrontando era massima. Non dico tutti i giorni, ma spesso uscivano articoli nei quali il procedimento in cui ero implicato veniva accostato a quello che si stava svolgendo sul “famoso” Protocollo Farfalla. Per qualcuno, la vicenda di Antonio Cutolo che voleva parlare ma non voleva collaborare con la magistratura era potenzialmente la prova che ci fosse un accordo tra servizi segreti e DAP per acquisire informazioni a livello penitenziario dal mondo del 41 bis senza farlo sapere all’autorità giudiziaria… Io, fino ad allora, non avevo mai sentito parlare di questo accordo, mi era totalmente ignoto, e quando ne ho saputo qualcosa è stato leggendone sui giornali come una persona qualsiasi. Mio malgrado, però, stavo subendo una specie di processo “trasversale”, dove l’oggetto dell’indagine non mi risultava chiaro. Dove i magistrati stavano forse tentando di trovare nella vicenda di Cutolo una qualche conferma sul Protocollo Farfalla e, in ultimo, sulla trattativa Stato-mafia. All’improvviso mi ero trovato catapultato in un mondo non mio, fatto di interrogatori, perquisizioni, clima di sospetto, sentimenti di vergogna, sporcizia, paura.

Per quel processo ormai non dormivo più la notte e anche il rapporto con i detenuti in carcere ne stava risentendo. Per molti dell’alta sicurezza, mafiosi e camorristi in particolare, era diventato una specie di gioco, una provocazione. Non erano rare le volte in cui, con una scusa qualsiasi, mi chiedevano un colloquio, venivano nel mio ufficio, con il giornale sotto braccio, che poi appoggiavano sulla scrivania, con simulata indifferenza. Ovviamente erano i giornali con le notizie sul processo a mio carico. Che casualità… Quelli che si sentivano più “coraggiosi” andavano pure sull’argomento: «Direttore, ha visto cosa scrivono qua, come mi dispiace…». Ogni volta mandavo giù un sorso di veleno, ma ignoravo la provocazione per andare oltre.



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