Discorso sulla servitù volontaria by Étienne de La Boétie

autore:Étienne de La Boétie
La lingua: ita
Format: epub
editore: Chiarelettere
pubblicato: 2019-08-06T00:00:00+00:00

Se costui, che era solo uno sciocco, è così ben trattato laggiù, credo che coloro che hanno abusato della religione per comportarsi da malvagi saranno trattati ancor meglio.

I nostri re sparsero per la Francia un mucchio di rospi e fiordalisi, l’ampolla e l’orifiamma.16 Per quanto mi riguarda, come che sia, non voglio evitare di crederci, poiché né noi né i nostri antenati abbiamo avuto finora motivo di dubitarne, avendo sempre avuto dei re così buoni in pace e così valorosi in guerra, che, benché siano nati re, non somigliano affatto ai re per natura, ma sembrano invece scelti prima di nascere da Dio onnipotente in vista del governo e della conservazione di questo regno. E quand’anche non fosse così, non vorrei per questo scendere in campo per discutere la verità delle nostre storie, né esaminarle dettagliatamente, per non eliminare questo splendido tema su cui potrà esercitarsi la nostra poesia francese, ora non soltanto abbellita ma, come sembra, rinnovata dal nostro Ronsard, dal nostro Baïf, o dal nostro Du Bellay, i quali fanno tanto avanzare la nostra lingua che, come oso sperare, tra poco i Greci e i Latini non avranno più al riguardo altro privilegio se non il diritto di primogenitura. E senza dubbio farei gran torto alla nostra rima (uso volentieri questa parola, che non mi dispiace affatto, poiché, malgrado alcuni l’abbiano resa meccanica, vedo tuttavia parecchie persone in grado di nobilitarla di nuovo e restituirle il suo antico onore), ma, dicevo, le farei gran torto, se ora la privassi di quei bei racconti di re Clodoveo, su cui già vedo quanto piacevolmente, quanto a suo agio s’è esercitata la vena del nostro Ronsard nella sua Franciade; capisco la sua portata, conosco l’acutezza del suo ingegno, la sua levità: saprà profittare dell’orifiamma come i Romani dei loro scudi, «gli ancili caduti dal cielo», di cui parla Virgilio.17 Farà buon uso della nostra ampolla, come gli Ateniesi del canestro di Erisittone,18 farà sì che si parli delle nostre armi come essi fecero parlare del loro ulivo che conservano ancora nella torre di Minerva. Sarebbe certo da parte mia un oltraggio se osassi smentire i nostri libri e fare incursioni nei campi dei nostri Poeti.

Ma per riprendere il filo del discorso, da cui non so come m’ero allontanato, non s’è mai verificato che i tiranni in vista della loro sicurezza non si siano sforzati di abituare il popolo non solo all’obbedienza e alla servitù, ma anche alla devozione nei propri confronti. Dunque, le cose finora menzionate per abituare la gente a servire più volentieri, i tiranni le utilizzano solo col popolo minuto e volgare.

Ma arrivo ora a un punto che costituisce a mio avviso la molla e il segreto della dominazione, il sostegno e il fondamento della tirannide. Chi pensa che le alabarde, le sentinelle e i posti di guardia difendano il tiranno, a mio giudizio si sbaglia di grosso. Credo che egli se ne serva più per il cerimoniale e come spauracchio che non per la fiducia che vi ripone.

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