Divorare il cielo by Paolo Giordano

Divorare il cielo by Paolo Giordano

autore:Paolo Giordano [Giordano, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
ISBN: 9788858428474
editore: Einaudi
pubblicato: 2018-05-07T16:00:00+00:00


5.

Tommaso teneva ancora le mani posate sul copriletto. Le guardava senza chinare il mento, muovendo solo gli occhi, come se potesse vederci attraverso e completare il disegno geometrico, a rombi rossi e blu, della stoffa. Le dita divaricate come a dire: questo è tutto, non c’è altro da sapere e io non ho omesso nulla stavolta.

Quindi c’era la storia che conoscevo e poi ce n’era un’altra, segreta. In quella segreta morivano una ragazza e il suo bambino. Ma di tutto questo Bern non aveva mai parlato con me, aveva mantenuto fino alla fine la promessa fatta agli altri. Non una storia, ma due, mi ripetevo, vere entrambe, quanto me e Tommaso in carne e ossa nella stanza dove i termosifoni erano spenti da ore. Due versioni come gli spigoli opposti di una scatola, impossibili da vedere insieme, se non con l’immaginazione. Quell’immaginazione che riguardo a Bern e Violalibera, al loro bambino e agli altri ragazzi, mi ero rifiutata ostinatamente di usare. Cieca e sorda, e qualcosa di ancora piú grave. Ostinata. Irremovibile.

Eppure non dicevo nulla. Non avevo detto neppure: allora è cosí che è andata. Tacevo da quando Tommaso aveva evocato Violalibera legata all’ulivo. E adesso taceva anche lui. Cinque minuti erano già trascorsi cosí, forse di piú.

Poi ha detto: – Potresti controllare Ada? – e io mi sono alzata quasi con sollievo.

Mi sono avvicinata al divano, fino a distinguere la pulsazione lenta, cadenzata della coperta in corrispondenza del petto di Ada. Tutta la calma del mondo era in quel respiro. Gli ho dato il tempo di contagiarmi, poi sono tornata da Tommaso, incerta se sedermi di nuovo su quella sedia della tortura oppure restare in piedi.

– È tranquilla, – ho detto.

Aveva ritratto le mani, quelle mani esangui da eterno bambino, per incrociarle sul risvolto del lenzuolo.

– Ci sarebbe un altro favore, – ha detto. – Dovresti portare fuori Medea.

Ho guardato il cane acciambellato al fondo del letto, forse sui piedi di Tommaso.

– Mi sembra che dorma beatamente.

– Vado io, ce la faccio.

Ha scagliato di lato le coperte e poggiato un piede a terra. Portava soltanto dei boxer bianchi sotto la maglietta. La vista improvvisa delle sue gambe nude mi ha lasciata confusa per un istante. Si è alzato, ma ha perso l’equilibrio quasi subito.

– Forse è meglio di no, – ha detto coricandosi di nuovo. – Appena cambio posizione si rimette a girare tutto.

Con riluttanza ho preso il guinzaglio appeso al comodino. Medea si è rizzata in piedi al clangore minimo del moschettone. È balzata giú dal letto e ha abbaiato due volte, prima che Tommaso le intimasse di tacere.

– Se avvisti altri cani trattienila piú forte che puoi. Anche se sono dietro una ringhiera. Può fare dei salti impressionanti.

Mi sono diretta verso il porto. Medea si aggirava annusando l’estremità del marciapiede, tracce invisibili di altri cani che l’avevano preceduta, oppure l’odore del pesce che veniva scaricato ogni giorno. Era il Natale piú strano che avessi trascorso in vita mia.

Ha strattonato il guinzaglio e io ho tirato a mia volta, con troppa forza, strangolandola per un attimo con il collare.



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