doppia condanna by George Joseph

autore:George Joseph [joseph, george]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: giallo
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00

LUNEDI’

Mai, a Mannie Nemin una mattina era sembrata così lunga. Gli sembrava che ogni ora durasse duecento minuti. Vilec se n’era andato prima delle sette avvertendolo che sarebbe stato di ritorno al principio del pomeriggio. Allora lo avrebbe condotto al quartiere dei condannati a morte.

Mannie gli aveva ripetuto di allontanare il negro e Vilec gli aveva promesso che avrebbe provveduto.

Più tardi aveva scoperto un mazzo di carte unto e bisunto e si era messo a fare dei solitari, ma quel passatempo non lo interessava molto, così aveva incominciato a distribuire varie mani di poker.

Le sue mani callose non avevano perso del tutto la loro abilità, e ciò fu per Mannie una grande soddisfazione.

“Ecco un piacere che mi concederò quanto prima” pensò. “Belle partite di poker con Carson e i compagni.”

Ma avrebbero giocato onestamente. Carson era dritto quanto lui. Le puntate sarebbero state forti e Lucky, seduta accanto a Carson, avrebbe guardato Mannie con tutti i suoi occhi.

Poi, pensò a Francie. Si, se la sarebbe concessa, quella puntata a Miami. Francie, vestita come Lucky, avrebbe avuto l’aria di una regina. E anche non vestita, pensò Mannie sorridendo.

Per non rimanere inattivo, entrò nella camera di Vilec e riassettò il letto. Poi frugò con maggiore cura i cassetti. In fondo a uno di essi scoprì un grosso pacco di fotografie. Erano delle foto oscene che rappresentavano una bella giapponesima in varie pose. Mannie passò parecchio tempo a guardarle. Era strano, ma quel genere di cose non gli aveva mai detto nulla. In un’epoca non tanto lontana, ne aveva venduta di quella roba. Un pacchetto per dieci dollari, e andavano a ruba, come fosse pane.

La cosa più buffa erano i tizi che le compravano. Vecchi bravuomini vestiti su misura e con camicie da cinquanta dollari, l’aria di senatori, di agenti di cambio o ricchi avvocati; tizi che pagavano senza osare di guardarvi in faccia e subito dopo si allontanavano come delle lepri, infilando il pacchetto di fotografie in una tasca. E Mannie si ricordò che gliene compravano anche delle donne.

“Mannie Nemin ha fatto press’a poco tutti i mestieri” pensò.

E rimise accuratamente le foto dove le aveva trovate.

Poi prese la pistola e si sedette sul letto. La scaricò e fece saltare le cartucce nel palmo della mano. Osservò l’arma con ammirazione e si accorse che era ben tenuta. Mannie possedeva una Luger e una Beretta, una meravigliosa pistola italiana, calibro 9. L’aveva usata per assassinare dei tizi.

Dopo un po’, stufo di toccare le cartucce, ricaricò la pistola e la rimise a posto.

Di là passò nel soggiorno e si sforzò di leggere attentamente una rivista illustrata, ma non ci riuscì. Per un certo tempo passeggiò avanti e indietro nella stanza. Poi, si rimise a mescolare e a distribuire le carte.

Vilec bussò alla porta e Mannie andò ad aprire. Il guardiano si precipitò in casa, con in mano una valigia. Senza dire una parola, posò la valigia di fibra da quattro soldi sul tavolo e ne sollevò il coperchio.

Mannie scorse prima di tutto gli indumenti che indossava prima del suo arrivo in prigione e che aveva abbandonati nella casamatta.

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