Dove va il mondo? by Serge Latouche

Dove va il mondo? by Serge Latouche

autore:Serge Latouche [Latouche, Serge]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: archivio ladri di biblioteche
editore: Bollati Boringhieri editore
pubblicato: 2012-12-04T23:00:00+00:00


La crisi finanziaria e le catastrofi annunciate

Nell’ennesima intervista, Borges all’invito: «Ci parli di lei, signor Borges», rispose: «Parlarvi di me? Ma io non so niente di me, non conosco nemmeno la data della mia morte!». Mettendoci alla data dell’intervista, noi possiamo ricorrere al futuro anteriore, tempo miracoloso che trasforma il futuro in passato, e dire: quando Borges morirà, saranno trascorsi sette anni e tre mesi dal momento in cui ha pronunciato queste parole memorabili. Ma è un lusso che era inaccessibile all’interessato.

Mi interessa qui il caso di catastrofi la cui esplosione è inevitabile, ma di cui non conosciamo né l’ora né il giorno. Il tempo che ci rimane è una pura incognita. L’esempio paradigmatico è evidentemente, per ciascuno di noi, quello della propria morte. Perché l’essere umano sarebbe così ossessionato dal problema del tempo se non per il fatto che sa che la propria morte è inevitabile? Non è la morte in generale la sua preoccupazione principale, ma la propria morte, la morte-propria, la morte in prima persona: la mia morte!

L’esperienza della mia morte non esisterebbe se una vita umana non fosse punteggiata di «piccole morti», di rotture che segnano la fine di un periodo, di un ciclo o di una fase, e che spesso sono vissute come «catastrofi», non necessariamente nel senso di disastri, ma nel senso narrativo e matematico: vacanze che finiscono, un amore che va in pezzi, una guerra che si conclude. La morte-propria è l’esempio supremo di una catastrofe annunciata, ma ce ne sono molti altri. Oggetto della mia riflessione è il tempo di attesa che ci separa da una catastrofe inevitabile.

La forma paradossale che assume il tempo in questi casi può essere descritta così: il sopraggiungere della catastrofe è una sorpresa, ma il fatto che sia una sorpresa non è, o non dovrebbe essere, sorprendente. Sappiamo che ci stiamo dirigendo inesorabilmente verso la fine, ma siccome la fine è ignota, si può sempre sperare che non sia prossima, finché non ci piomba addosso all’improvviso. La cosa interessante è che più si va avanti, più si hanno ragioni oggettive di pensare che il tempo che rimane prima di arrivare alla fine aumenti – come se la fine si allontanasse più rapidamente di quanto non ci si avvicini ad essa. È nel momento in cui, senza saperlo, si è più vicini alla fine che si hanno ragioni perfettamente oggettive di credere che se ne è più lontani. La sorpresa è assoluta, ma, dato che si sa in anticipo ciò che ho appena detto, non ci si dovrebbe sorprendere di essere sorpresi. Il tempo tira dunque in due direzioni opposte. Da un lato sappiamo che più procediamo, più ci avviciniamo alla fine. Ma siccome la fine rimane sconosciuta, possiamo davvero considerarla fissa? Nei casi che prendo in considerazione, più si avanza senza che la fine sia visibile, più si hanno ragioni oggettive di pensare che una buona stella abbia scelto per noi una fine lontana.

Come illustrazione di quanto detto, prendiamo innanzi tutto la speranza di vita a un’età



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