E' oriente by Paolo Rumiz

E' oriente by Paolo Rumiz

autore:Paolo Rumiz
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: ISBN 978-88-07-81829-5
editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano
pubblicato: 2009-10-31T16:00:00+00:00


CAPOLINEA BISANZIO

Regioni adriatiche in auto

È qui che vedi la grande fuga da Oriente. È il posto migliore. Non serve andare a Otranto e aspettare le carrette del mare.

Basta venire a Gorizia centro, e attendere che le prime ombre comincino a volare oltre la grande muraglia della Fortezza Europa.

Quel muro, qui, è una rete ridicola alta un metro e mezzo. Una cancellata quasi, che taglia in due la piazza di una vecchia stazione ferroviaria.

Fra il Baltico e lo Ionio non esiste niente di simile. In un luogo dove i residenti devono mostrare i documenti dieci volte al giorno solo per spostarsi da un rione all'altro, i clandestini vanno e vengono a piacimento. Un salto e via.

Confine colabrodo? Sbagliato: Gorizia è un imbuto. Smette di piovere per un po' e vedo passare le prime ombre.

Una lascia un pezzo di giacca scura sulla recinzione. La rete di Schengen è piena di brandelli di identità perdute, finite nel tritacarne che sradica e ti perde.

In venti metri trovo: una ciocca di capelli, la scarpa di una bambina numero ventidue, un lembo di camicia, un fazzoletto da donna, un biberon, due calze di lana fradicie tra le foglie gialle, un soldatino di plastica. Mancano solo le sigarette: questo è un posto dove nessuno si ferma. Un chilometro oltre, al piccolo confine rurale del Rafut, c'è persino un albero trasformato in spogliatoio.

Un noce robusto con le radici ricoperte di indumenti. Ricorda Pinocchio, la sua notte di fuga, il grande imbroglio della vita.

Una donna passa un bambino in fasce a quelli che sono già dall'altra parte. Turchi d'aspetto, forse curdi.

Il gruppo si nasconde accanto a un muro, dietro a un arbusto. La donna scavalca la rete, cambia il pannolino al bambino. Il piccolo non piange, lei si.

Disperata. Un uomo la fa tacere bruscamente. I cani nelle villette italiane abbaiano, fiutano l'adrenalina.

Ma che importa, la polizia non c'è. E sommersa dagli arrivi, travolta dall'enormità del problema umanitario.

Hanno il cuore tenero, gli agenti. Fanno i baby-sitter, gli assistenti sociali, gli ufficiali anagrafici.

"Lo stato ci chiede durezza," dicono, "ma quando sei davanti a venti bambini, cosa fai? spari?" Passa un'auto della polizia. Subito dopo, un'altra decina di ombre sbucano dalla pioggia. Seguono meccanicamente le istruzioni ricevute.

Cercano sulla rete un punto segnato da un pezzo di tessuto giallino, poi saltano nel buio. Ora piove a dirotto, ma loro non se ne curano: almeno qui non si annega, non ti buttano giù dai gommoni. Si lasciano dietro una scia di odore forte, i cani ridiventano nervosi.

Appena oltre, si tolgono di tasca un pezzo di carta - la spremni list, il foglio di riconoscimento sloveno - e lo strappano in mille pezzi per distruggere la loro identità.

Centro metri oltre c'è un tale che li aspetta con un sacco pieno di vestiti nuovi. Raccolgo i coriandoli bianchi, leggo brandelli di nomi persiani, forse iracheni.

Il signor Roberto Rosso, un pezzo d'uomo, abita in una villetta in prima linea, di fronte alla vecchia stazione.

La rete se l'aggiusta da sé; tanto, il Genio Civile non viene mai. E quando becca dei disperati in fuga, magari li nutre, li cura, poi chiama la polizia.



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