Età di ferro by J. M. Coetzee

Età di ferro by J. M. Coetzee

autore:J. M. Coetzee [Coetzee, J. M.]
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
editore: Einaudi
pubblicato: 2015-08-14T16:00:00+00:00


IV.

Ho sognato Florence, era un sogno o una visione. Nel sogno la vedo di nuovo camminare lungo Government Avenue, con Hope per mano e Beauty sulla schiena. Tutte e tre indossano una maschera. Ci sono anch’io, al centro di una folla di persone d’ogni tipo e condizione. C’è aria di festa. Io costituisco l’attrazione. Ma Florence non si ferma a guardare. Lo sguardo fisso dinanzi a sé, passa oltre come se camminasse in mezzo a un’adunata di spettri.

Gli occhi della sua maschera sono come gli occhi delle raffigurazioni nelle antiche culture mediterranee: grandi, ovali, con la pupilla nel centro: gli occhi a mandorla di una dea.

Io mi trovo di fronte agli edifici del Parlamento, circondata dalla folla, ed eseguo i miei giochi di prestigio con il fuoco. Dietro di me torreggiano grandi querce. Ma la mia mente non è concentrata sui giochi. Osservo Florence. Il suo cappotto scuro, il suo vestito trasandato sono spariti. Con la sottoveste bianca smossa dal vento, i piedi nudi, il capo scoperto e cosí pure il seno e la spalla destra, procede; una delle bambine, mascherata, nuda, le trotterella speditamente accanto, l’altra allunga un braccio al di sopra della sua spalla per indicare qualcosa.

Chi è questa dea che appare nella visione con il seno scoperto fendendo l’aria? È Afrodite, ma non Afrodite la dolce sorridente, patrona del piacere: una piú arcaica figura, una figura della necessità, di grida nel buio, acute e laceranti, di terra e sangue, che compare per un istante, si mostra, e scompare.

La dea non pronuncia richiami, non fa cenni. Il suo occhio aperto ma vacuo. Vede ma non vede.

In fiamme, impegnata nel mio numero, io rimango paralizzata. Le fiamme che escono da me sono azzurrine come il ghiaccio. Non provo dolore.

È una visione legata al tempo del sogno della scorsa notte ma è anche fuori dal tempo. Per sempre la dea procede lenta, per sempre rapita in una posa di sorpresa e rimpianto, ma io non la seguo. Sebbene io continui a scrutare nel vortice dal quale è emersa la visione, la scia della dea e delle sue figlie divine rimane vuota: la donna che dovrebbe passare al suo seguito non è là, la donna con serpi di fuoco tra i capelli che agita le braccia mentre geme e danza.

Ho raccontato il sogno a Vercueil.

– È vero? – mi ha domandato.

– Vero? Certo che no. Non è neppure autentico. Florence non ha nulla a che fare con la Grecia. Le figure che compaiono in sogno hanno sempre un altro significato. Sono segni, segni che stanno per altre cose.

– Erano vere? Lei era vera? – ha ripetuto, interrompendomi, rifiutando di lasciarsi sviare. – Che altro ha visto?

– Che altro? C’è dell’altro? Lei lo sa? – ho detto piú dolcemente, seguendo il filo dei suoi pensieri ora.

Ha scrollato la testa confuso.

– Da quando ci siamo incontrati – ho detto – io sono rimasta sulla sponda del fiume ad aspettare il mio turno. Aspetto qualcuno che venga e mi conduca dall’altra parte. Ogni istante, ogni giorno lo passo qui in attesa.



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