Francesco Petrarca - I Trionfi by an

Francesco Petrarca - I Trionfi by an

autore:an
La lingua: it
Format: mobi, epub
pubblicato: 2016-02-07T12:54:05+00:00


II

La notte che seguì l'orribil caso

che spense il sole, anzi 'l ripose in cielo, di ch'io son qui come uom cieco rimaso, 5

spargea per l'aere il dolce estivo gelo che con la bianca amica di Titone

suol da' sogni confusi torre il velo, quando donna sembiante a la stagione, di gemme orïentali incoronata,

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mosse ver me da mille altre corone; e quella man già tanto desiata

a me parlando e sospirando porse,

onde eterna dolcezza al cor m'è nata:

– Riconosci colei che 'n prima torse 15

i passi tuoi dal publico viaggio? –

Come 'l cor giovenil di lei s'accorse, così, pensosa, in atto umile e saggio, s'assise, e seder femmi in una riva la qual ombrava un bel lauro ed un faggio.

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– Come non conosco io l'alma mia diva? –

risposi in guisa d'uom che parla e plora

– Dimmi pur, prego, s' tu se' morta o viva. –

– Viva son io, e tu se' morto ancora, –

diss'ella – e sarai sempre, infin che giunga 25

per levarti di terra l'ultima ora.

Ma 'l tempo è breve e nostra voglia è lunga; però t'avvisa, e 'l tuo dir stringi e frena, anzi che 'l giorno, già vicin, n'aggiunga. –

Et io: – Al fin di questa altra serena 30

ch'ha nome vita, che per prova il sai, deh, dimmi se 'l morir è sì gran pena. –

Rispose: – Mentre al vulgo dietro vai et a la opinïon sua cieca e dura,

esser felice non puoi tu già mai.

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La morte è fin d'una pregione oscura a l'anime gentili; a l'altre è noia, ch'hanno posto nel fango ogni lor cura.

Et ora il morir mio, che sì t’annoia, ti farebbe allegrar, se tu sentissi 40

la millesima parte di mia gioia. –

Così parlava, e gli occhi avea al ciel fissi devotamente; poi mosse in silenzio

quelle labbra rosate infin ch'i' dissi:

– Silla, Mario, Neron, Gaio e Mezenzio, 45

fianchi, stomachi e febri ardenti fanno parer la morte amara più ch'assenzio. –

– Negar – disse – non posso che l'affanno che va inanzi al morir non doglia forte, e più la tema de l'eterno danno:

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ma pur che l'alma in Dio si riconforte, e 'l cor che 'n sé medesmo forse è lasso, che altro ch'un sospir breve è la morte?

Io aveva già vicin l'ultimo passo,

la carne inferma, e l'anima ancor pronta, 55

quando udi' dir in un son tristo e basso:

«O misero colui che' giorni conta,

e pargli l'un mille anni! Indarno vive, ché seco in terra mai non si raffronta; e cerca 'l mare e tutte le sue rive, 60

e sempre un stil, ovunque fusse, tenne: sol di lei pensa, o di lei parla o scrive».

Allora in quella parte onde 'l suon venne gli occhi languidi volgo, e veggio quella che amò noi, me sospinse e te ritenne.

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Riconobbila al volto e a la favella, che spesso ha già 'l mio cor racconsolato, or grave e saggia, allor onesta e bella.

E quando io fui nel mio più bello stato, ne l'età mia pia verde, a te più cara, 70

ch'a dire et a pensare a molti ha dato, mi fu la vita



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