Frankenstein by Mary Shelley

Frankenstein by Mary Shelley

autore:Mary Shelley [Shelley, Mary]
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
ISBN: 9788811364405
editore: Garzanti
pubblicato: 2014-01-04T23:00:00+00:00


Era quasi mezzogiorno quando arrivai in cima alla salita. Per un po’ restai seduto su una roccia che domina il mare di ghiaccio. Una nebbia copriva ogni cosa e anche le montagne circostanti. A un certo momento una brezza dissipò le nuvole e io scesi sul ghiacciaio. La superficie è molto instabile, si alza come le onde di un mare agitato, poi discende ed è disseminata di crepacci profondi. Il campo di ghiaccio è largo circa una lega, ma mi ci vollero quasi due ore per attraversarlo. La montagna di fronte è una roccia scabra a strapiombo. Il Montanvert è dalla parte opposta rispetto a dove mi trovavo in quel momento, a distanza di una lega, e sopra svettava il Monte Bianco in tutta la sua bianca candida maestosità. Mi fermai in un anfratto di roccia ammirando questo paesaggio solenne e meraviglioso. Il mare, o piuttosto il largo fiume di ghiaccio, scendeva tra le montagne del massiccio, le cui aeree sommità si innalzavano su ogni insenatura. I picchi ghiacciati e scintillanti splendevano alla luce del sole, al di sopra delle nuvole. Il mio cuore, prima pieno di dolore, ora si gonfiò di qualcosa che somigliava alla gioia; esclamai: «Spiriti vaganti, se voi davvero vagate e non riposate nei vostri angusti letti, lasciatemi questa leggera felicità, o prendetemi con voi e strappatemi alle gioie della vita».

Appena ebbi pronunciato queste parole, improvvisamente apparve, a poca distanza, la figura di un uomo che avanzava verso di me a una velocità sovrumana. Saltava sui crepacci di ghiaccio sui quali io avevo camminato con cautela; la sua statura, man mano che si avvicinava, mi sembrò eccedere quella di un uomo. Ero turbato, una nebbia mi calò sugli occhi, e mi sentii mancare. Ma mi ripresi subito, grazie alla brezza gelida delle montagne. Mi accorsi, mentre la sagoma avanzava (visione esecrata e temuta) che era il mostro che io avevo creato. Rabbia e orrore mi facevano tremare; decisi di aspettare che si avvicinasse e poi di ingaggiare con lui una battaglia mortale. Si avvicinò: la sua espressione parlava di un’amara angoscia mista a sdegno e a malvagità, la sua bruttezza lo rendeva quasi troppo orribile per poterne sostenere la vista. Ma non mi ci soffermai a lungo; odio e rabbia all’inizio mi avevano lasciato senza voce; la recuperai solo per rovesciare su di lui parole di rancore e di disprezzo.

«Demonio», esclamai, «come osi avvicinarti? Non temi dunque la fiera vendetta del mio braccio levato sul tuo miserabile capo? Vattene, vile insetto! No, resta, che possa ridurti in polvere! Oh! Se potessi, spegnendo la tua miserabile esistenza, rendere la vita alle vittime dei tuoi feroci delitti!». «Mi aspettavo quest’accoglienza», disse il demonio. «Tutti gli uomini detestano gli infelici; quanto, dunque, devo essere detestato io, il più infelice di tutti gli esseri viventi! Anche tu, mio creatore, detesti e disprezzi me, tua creatura, alla quale sei legato da un nodo che si può sciogliere solo con l’annientamento di uno dei due. Vuoi uccidermi. Come puoi giocare così con la vita? Fai il tuo dovere verso di me, e io farò il mio verso di te e il resto dell’umanità.



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