Fuggire da sè. Una tentazione contemporanea by David Le Breton

autore:David Le Breton [Breton, David Le]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Psicologia
editore: RaffaelloCortina
pubblicato: 2019-09-25T22:00:00+00:00

Lo sballo come ricerca di coma

Nelle nostre società il consumo di alcolici è sempre stato più che altro una ricerca di ebbrezza, leggerezza, euforia, faceva parte dei riti di virilità per i gruppi maschili dove “reggere” l’alcol equivaleva a un brevetto d’eccellenza (Le Breton, 2007). Le donne ne erano escluse, e il consumo femminile di alcol è rimasto a lungo raro o nascosto, associato a un’immagine negativa. Certamente questa forma di consumo persiste e, anzi, si intensifica, testimoniando la ricerca di un’assenza minore, provvisoria, un po’ euforica, dove permane una relativa consapevolezza, ma al di fuori delle esigenze della vita quotidiana: la mente fluttua, alleggerita, e ci si scorda dei crucci. In un contesto festivo, il consumo di alcolici disinibisce, consentendo di spingere i propri comportamenti un po’ oltre il limite abituale e di fare meno attenzione allo sguardo degli altri, allentando le pressioni morali interiori, anche se il prezzo da pagare saranno i postumi della sbornia all’indomani. L’ubriachezza è una forma dolce di scomparsa di sé: equivale a prendere a prestito per qualche ora una maschera, in modo da allentare le tensioni interiori e dimenticare il peso delle preoccupazioni. L’ubriachezza è un antidepressivo, privo di connotazione medica, semmai rivestito di un’aura simbolica, vestigio di un tempo in cui il “bere bene”, moderato e controllato, possedeva ancora qualche virtù. Spesso, serve ad attenuare la depressione (Marty, 2007, pp. 59 sgg.). Placa l’angoscia, offuscando la coscienza e rendendo più difficile la continuità del pensiero. Sostiene in modo maldestro un’identità fragile. Il consumo di alcol oscilla tra la ricerca di leggerezza e quella di anestesia. Negli ultimi anni, le forme del consumo sono cambiate tra i più giovani: bevono probabilmente meno spesso, ma in maggiore quantità. Relativamente sobri nel resto del tempo, in compenso bevono con passione nei fine settimana.

Le serate festive offrono numerose occasioni per bere e incontrarsi, e il consumo di alcol raggiunge livelli elevatissimi. La sbornia si prende in gruppo. La dimensione disinibitoria dell’alcol è qui sospinta al limite estremo, fino a liberarsi del fardello di essere se stessi. La dissociazione legata all’ebbrezza porta a “delirare”, a interminabili crisi di un inarrestabile riso, inducendo una sorta di trance gioiosa che rasenta il coma, che altri in compenso ricercano deliberatamente. Qui ci si limita a un comportamento regressivo, allentando tutte le normali esigenze di comportamento: si è tra pari e la conclusione sono ripetute gare di ubriachezza (Delaigue, 2007).

Alcune grandi città ormai vedono abitualmente raduni di giovani che bevono senza sosta nelle strade ribattezzate “vie della sete”, a Rennes, a Brest, Mulhouse, e in tante altre località in Francia e altrove. In modo analogo, da una ventina d’anni a questa parte si è trasformato anche il tono delle feste giovanili, con caratteristiche che Monique Dagnaud così riassume per la maggioranza dei giovani, benché coesistano altri modelli: “Il girovagare notturno non è più incentrato sul rimorchiare, mirato alla ricerca di un partner, bensì sulla baldoria condivisa tra amici inseguendo sensazioni fuori misura (ebbrezza, delirio, velocità folle sulle strade). D’altronde la musica

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