Geografia by Franco Farinelli

Geografia by Franco Farinelli

autore:Franco Farinelli [Farinelli, Franco]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858416648
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


57. Il mulino di Amleto.

Il piú bel libro di geografia della seconda metà del Novecento è stato scritto da uno storico della scienza e da un’antropologa, de Santillana e von Dechend [1969], e prende il titolo dal mulino che secondo l’antica saga nordica macinava in sabbia gli scogli e le membra degli esseri viventi. Il mulino veniva mosso dall’obliquità dell’eclittica, dall’inclinazione dell’asse terrestre rispetto alla traiettoria del Sole nel corso dell’anno (§ 51). Esso è insomma la Terra stessa, che ai giorni nostri frantuma senza sosta l’unità delle formazioni politiche, sociali e culturali e disperde da una parte all’altra i corpi delle donne e degli uomini. I quali sono cosí costretti a riscoprire nel vivo della carne, violentemente, il carattere illusorio di ogni visione del mondo fondata sull’unità piuttosto che sulla molteplicità, e sulla staticità delle cose piuttosto che sulle relazioni basate sui flussi: le antinomie alla base di ogni racconto mitico, dunque di tutta la conoscenza occidentale.

Qualche dato. È stato calcolato che negli anni Trenta non meno di 600 000 ebrei abbandonarono la Germania, fuggendo il nazionalsocialismo e trovando ricetto in piú di ottanta stati [Bade 2000, trad. it. p. 306]. La Seconda guerra mondiale produsse circa 60 milioni di rifugiati, espulsi, deportati, circa un decimo dell’intera popolazione europea, includendo nel computo la parte europea della Russia [Fischer 1987, pp. 44 sgg.]. La cifra equivale a quella dei cittadini europei che tra il primo quarto dell’Ottocento e il primo quarto del Novecento avevano attraversato l’Atlantico diretti verso l’America settentrionale [Nugent 1992, p. 78]. La fine dell’ultimo conflitto mondiale segnò anche la fine del periodo coloniale e l’avvio del processo di decolonizzazione, che attirò in Europa circa 7 milioni di persone di origine europea [Emmer 1993, p. 309], attivando allo stesso tempo la funzione di richiamo del nostro continente. Nel corso degli anni Settanta da area d’emigrazione l’Europa divenne infatti area d’immigrazione, nel senso che per la prima volta il suo saldo migratorio fu positivo. Nel frattempo al suo interno si erano spostati, a partire dall’inizio degli anni Cinquanta, piú di 15 milioni di europei in cerca di lavoro [Bade 2000, trad. it. p. 342], e la caduta del Muro di Berlino ha rinfocolato la tendenza: si stima, forse con eccesso, [Tonizzi 1999, p. 129] che lo sfacelo dell’Unione Sovietica abbia fatto affluire nell’Europa occidentale, nella prima metà degli anni Novanta, da 30 a 50 milioni di persone, cioè da un decimo a un sesto dell’intera popolazione [Santel 1995, pp. 117 sgg.].

Anche negli altri continenti durante il secolo passato centinaia di milioni di persone si sono spostate, o sono state fatte spostare, nel corso di immani movimenti migratori. Il caso estremo, fatte le debite proporzioni, è oggi quello dei palestinesi, che ammontano a circa 4 milioni e mezzo suddivisi in poco piú di 3 milioni e mezzo di rifugiati e poco meno di un milione di emigrati: i primi in Giordania, Siria e Libano, oltre che a Gaza e in Cisgiordania; i secondi in Arabia Saudita e negli altri paesi



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