Gianluca Lentini by Storie del clima. Dalla Mesopotamia agli Esopianeti (2021)

Gianluca Lentini by Storie del clima. Dalla Mesopotamia agli Esopianeti (2021)

autore:Storie del clima. Dalla Mesopotamia agli Esopianeti (2021)
Format: epub


Figura 5.1La prima mappa delle isoterme del pianeta (Alexander von Humboldt, Sulle linee isoterme e la distribuzione di calore sulla terra, 1817).

Il Kosmos di Humboldt diviene un best seller internazionale e, intorno al 1845, è disponibile in traduzioni in molte lingue europee, incluso l’italiano: trattato enciclopedico paragonabile all’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, differisce dall’illustre precedente nel suo scopo non di dare definizioni e classificazioni, ma di fornire una trattazione delle complesse interazioni tra fenomeni naturali, e nel suo concepire il clima come un sistema di complesse e perpetue interazioni tra l’atmosfera, gli oceani e le terre emerse, con la loro morfologia e la loro vegetazione. Nella sua teorizzazione dell’unità generale del clima, pur nella manifestazione locale della meteorologia, Humboldt ispira la ricerca di una teoria scientifica generale dei climi terrestri sia in Charles Lyell sia più tardi in James Croll.

Contemporaneo al lavoro “olistico” di Humboldt è l’uso del termine climatologia da parte di Wilhelm Butte, definita come “la conoscenza delle cause che determinano la temperatura di una regione”: pur non trattandosi del primo uso assoluto del termine, che si deve a Lampadius nel 1806, è interessante in Butte il suo uso come investigazione di un processo e non come classificazione di dati meteorologici e geografici, che era lo scopo principale del lavoro di Lampadius.1 Butte tratta, inoltre, di quanto sia auspicabile porsi l’obiettivo di definire una “climatologia generale”, ossia una disciplina scientifica che si doti di leggi che giustifichino tutti i climi diversi, operando un parallelismo con la botanica che, secondo Butte, è caratterizzata da leggi che rendono conto della fondamentale unità del regno delle piante, nonostante la grande diversità di forme e dimensioni delle stesse. Humboldt stesso, nella sua visione dell’unità del mondo naturale e delle complesse interazioni che determinano i climi, aveva cominciato a interrogarsi sul problema di quali leggi potesse dotarsi la scienza del clima: nella sua attenzione al ruolo dell’uomo nel modificare l’ecosistema e il clima locale, Humboldt individua alcuni dei processi di base, per esempio, nelle “funzioni fondamentali della foresta per l’ecosistema e per il clima”, e in particolare nelle capacità della foresta di trattenere umidità, proteggere il suolo e raffreddare l’atmosfera. In modo molto moderno, Humboldt aveva già riconosciuto nelle attività umane, che definisce “imprudenti”, il danno incalcolabile portato al clima (geografico, locale) da brutali interventi di deforestazione, e cominciava a ribaltare il paradigma secolare che vedeva nelle foreste la quintessenza del clima selvaggio da domare, addomesticare e modificare. La visione humboldtiana è alla base anche della nascita del concetto di ecologia, termine coniato dal biologo e zoologo tedesco Ernst Haeckel nel 1866. Nelle parole di Haeckel nella sua Morfologia generale degli Organismi: “Con ecologia intendiamo la scienza delle relazioni tra l’organismo e l’ambiente nel senso ampio, tutte le ‘condizioni dell’esistenza’.”

L’Ottocento è un secolo fecondissimo per il rafforzamento della climatologia e per il suo definitivo consacrarsi come scienza, attraverso in particolare l’affermarsi sia di una visione dinamica della climatologia, basata sull’applicazione delle leggi della fluidodinamica ai fenomeni meteorologici, sia di una visione termodinamica connessa



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