Giornalismo culturale (Italian Edition) by Alfonso Berardinelli

Giornalismo culturale (Italian Edition) by Alfonso Berardinelli

autore:Alfonso Berardinelli [Berardinelli, Alfonso]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2021-10-21T22:00:00+00:00


Clemente Rebora maestro in ombra

Il Sole 24 Ore, 28 febbraio 2016

Cesare De Michelis, qualche anno fa, si disse convinto che il Novecento letterario italiano andava riletto, cioè sistematicamente ripubblicato. Per diverse ragioni, condivido l’idea. La prima e più promettente per i lettori di oggi è che scoprirebbero cose inaspettate, in passato non viste, o viste con occhi diversi, o trascurate e storicizzate male e quindi oggi dimenticate. La ragione letterariamente più visibile è poi che ormai (ma forse da qualche decennio) troppo spesso si scrive narrativa e perfino poesia italiana non leggendo, non avendo letto gli autori con i quali la modernità si è imposta e più tardi sviluppata fino agli ultimi fuochi del suo tramonto.

L’idea di canone, sempre utile quando zone della storia cadono nell’oblio, è però diventata presto una specie di mania, per cui l’intero Novecento viene ridotto a una decina di nomi senza dubbio importanti, ma a volte ciecamente consacrati (a cominciare da Gadda, Montale, Pasolini e Calvino) o ridotti a icone venerate soprattutto perché si è molto lontani dalle situazioni storiche irripetibili in cui scrissero (ho il sospetto che perfino due scrittori imprescindibili come Primo Levi e Fenoglio siano oggi studiati perché né la Resistenza né i lager ci riguardano più direttamente).

Devo queste troppo generali considerazioni a una precisa occasione editoriale. A cura e con un saggio introduttivo di Adele Dei, esauriente e ammirevole per precisione ed estro descrittivo, abbiamo ora un Meridiano Mondadori che mette a disposizione del lettore, come dice il titolo, Poesie, prose e traduzioni (Mondadori, 2015) di Clemente Rebora, accuratamente annotate con la collaborazione di Paolo Maccari.

Famosa, la definizione che di Rebora diede Pasolini, eccezionale critico, nel 1956, chiamandolo «maestro in ombra» della poesia italiana del Novecento, accanto a Camillo Sbarbaro e al giovane Palazzeschi in versi: rimasti in ombra perché «fuori della storia» e visti troppo presto come dei sopravvissuti perché lasciati fuori prima dalla «restaurazione» neoclassicistica operata dalla Ronda (Cecchi, Cardarelli) e poi dall’instaurazione del regime stilistico (tardo o neosimbolista) dell’ermetismo. Per la nuda, emozionata disperazione di Sbarbaro, per il ludico, aereo nichilismo di Palazzeschi, per il moralismo violentemente, inusitatamente espressionistico di Rebora, già negli anni venti non c’era più posto. È chiaro invece che Rebora serviva a Pasolini e alla sua polemica antiermetica che puntava al poemetto apertamente autobiografico, ideologico e realistico-sperimentale. Eppure Pasolini salvava Rebora non solo per il suo espressionismo ma per la sua conversione cristiana e il suo ingresso nell’ordine rosminiano. Il giudizio di Pasolini su Rebora è perentorio e sorprendente soprattutto per i termini in cui è formulato: «A differenza di Sbarbaro, la cui metafisica – l’interiore malinconia – lo preserva, necessariamente, dall’impegno col mondo; a differenza di Palazzeschi, che ne è preservato dalla sua evasività, a differenza, insomma, degli eccentrici, che ne sono preservati tout court dalla “vita” – Rebora trova proprio in ciò che lo preserva, Dio, ciò che lo obbliga a impegnarsi, la Chiesa».

Nello stesso 1956, sempre in occasione dell’uscita dei tardi Canti dell’infermità (All’Insegna del pesce d’oro), un altro giovane poeta



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