Gotico Rosa by Luca Ricci

Gotico Rosa by Luca Ricci

autore:Luca Ricci [Ricci, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2024-02-15T00:00:00+00:00


Ferragosto addio!

“Adolescente (s.m.). Convalescente dall’infanzia.”

Ambrose Bierce

Era un ferragosto colloso. Una di quelle tarde mattinate da pennichella anticipata. Per un po’ ci eravamo divertiti a svegliare i vecchiacci sulle sdraio. La loro unica preoccupazione sembrava non addormentarsi con la bocca troppo aperta. Oddio, c’era anche chi se ne infischiava, soprattutto certe signore con le vene varicose che sembravano ormai troppo decrepite e malmesse per avvalorare quelle stupide convenzioni, ma la maggioranza ci faceva attenzione.

Il mare a quell’ora era già diventato un’insulsa brodaglia, quindi di fare un altro bagno proprio non se ne parlava.

Orlando se ne lamentò a gran voce: “Ma perché no?”

“Ci sono solo mamme e poppanti in acqua,” osservai.

“Meglio che ciondolare in spiaggia.”

“Non stiamo ciondolando,” tagliai corto. “Stiamo svolgendo il servizio sveglia.”

Per il solletico usavamo le cannucce delle bibite. Altrimenti c’era sempre la cara vecchia sabbia in faccia, o una scudisciata col giornale. Andammo avanti finché non ci venne a noia. Avevamo già sgonfiato tutte le ruote delle bici nelle rastrelliere dei bagni dove ci eravamo intrufolati, sicché non ci rimase che la gara dello sputo più grosso. Orlando partorì un topolino che era quasi un insulto provare a battere. Biascicai per qualche istante ancora la mia saliva e poi la feci colare su un grappolo di mattonelle esagonali della zona doccia. Orlando, di fronte a quell’impeccabile lago di bava, non trovò niente di meglio da fare che incavolarsi.

“Tu hai la gomma,” protestò.

“E allora?”

“Non vale.”

“Perché?”

“Lo sai bene perché,” si lagnò con l’aria da vittima. “Con la gomma ti viene più saliva.”

“Sono solo il più forte.”

“Sei un baro imbroglione.”

A quelle parole presi Orlando per le spalle, lo fissai con aria spiritata e gli ripetei che ero “solo il più forte”. Ogni tanto mi facevo uscire la gomma dalla bocca come fosse un ulteriore sberleffo, una linguaccia posticcia. La pantomima durò finché non ci mettemmo a ridere a crepapelle, la tipica risata sguaiata dell’insofferenza. Dopodiché ci ritrovammo ancora una volta alla disperata ricerca di un’occupazione. Quel cavolo di golfo era una vera palla al piede. Nessuna avventura in vista. Sul lungomare non c’era neppure uno straccio di luna park. S’incontrava soltanto una sequela di bagni attrezzati. E nei bagni attrezzati funzionava più o meno così: tintarella, tuffo, spuntino, dormita (non necessariamente in quest’ordine). Costume e infradito parevano una divisa d’ordinanza. Voglio dire che alla lunga non sapevi bene con chi prendertela. E dopo un po’ la monotonia era peggio di un colpo di sole. Ci afflosciavamo su un lettino fino a quando il legittimo proprietario non veniva a reclamarlo. Insomma mi rodeva ammetterlo, ma aveva ragione Orlando: stavamo ciondolando.

“Vuoi venire a pranzo da me?” propose.

“Non mi va particolarmente. Rubacchierò del cibo da qualche parte.”

Orlando incassò il rifiuto con signorilità. “Ma davvero sei orfano?”

“Te l’ho detto,” gli confermai a muso duro. “Però non parliamone più.”

Non era vero. Avevo soltanto voglia di apparire eccezionale. Non mi andava di confondermi nel mucchio indistinto dei ragazzini in vacanza con la famiglia. Volevo che su di me si potessero imbastire leggende.

“Be’, io tra poco vado,” concluse Orlando con l’aria di chi sia già molto affamato.



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