I beni di questo mondo by Irène Némirovsky

I beni di questo mondo by Irène Némirovsky

autore:Irène Némirovsky [Némirovsky, Irène]
La lingua: ita
Format: epub
Google: 3esCmgEACAAJ
editore: Editori Internazionali Riuniti
pubblicato: 2013-03-14T23:00:00+00:00


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18

Pierre era a Parigi, in cerca di denaro. Da tre anni, a Saint-Elme, come nei centri industriali della regione, i macchinari producevano una merce costosa che nessuno acquistava. Quando, finalmente, si riusciva ad ottenere delle commesse, tre volte su quattro gli articoli consegnati non venivano pagati: le ditte più antiche, più solide andavano in fallimento.

«La nostra regge il colpo grazie a Simone,» pensava Pierre «grazie al denaro di Simone. Ma io, personalmente, non ho più nulla».

Un terzo del patrimonio lasciato da Julien Hardelot era sparito nel crack della banca Digoin. Eppure sembrava indistruttibile questa banca che, da due generazioni, gestiva i fondi di tutta Saint-Elme! Ma anch’essa era morta: che le sue ceneri riposino in pace! Il denaro liquido che rimaneva a Pierre era stato impegnato, tre anni prima, nella fabbrica che ne reclamava sempre di nuovo, un fresco alimento d’oro. A ogni scadenza ricominciavano i calcoli, i prestiti, le veglie, le angosce pur di riuscire a rimanere padroni in casa propria. Ben presto sarebbe stato costretto a cedere la sua quota azionaria ai Burgères, ai quali già doveva una grossa somma, e allora addio fabbrica! Sapeva che Simone desiderava sbarazzarsi di lui. «È perché ti ha amato,» diceva Agnès «è autoritaria di natura, vuole dominarti con il suo denaro, non essendo riuscita a farlo in altro modo quando eravamo giovani». «Idee di donna» rispondeva lui, ma qualcosa di vero cera.

Con Roland Burgères andava sempre d’accordo. Roland nutriva per lui una stima e un’amicizia curiose; tra loro, tutto si sarebbe aggiustato. Ma Simone! Era un donnone adesso, pesante e vecchia, dallo sguardo duro. Era sempre vestita di nero, poiché portava il lutto d’innumerevoli cugini disseminati nel Nord e nel Pas-de-Calais, che morivano tutti senza figli designando lei come erede. «Il denaro attira il denaro» dicevano acidamente gli Hardelot-Arques agli Hardelot-Demestre: sentivano che il loro regno era finito, che lo scettro cambiava di mano. Nei salotti di Saint-Elme, gli Hardelot formavano adesso un gruppo ristretto, gracile, ridotto ai suoi soli membri, mentre la folla ingrata circondava (come un tempo il vecchio Hardelot) l’enorme signora Burgères che si muoveva lentamente; con il suo petto opulento, con i suoi fianchi larghi sembrava fendere la folla come una fregata il mare, e, dietro di lei, nella sua scia, veniva Rose, la sua unica figlia.

«Sì, c’è forse qualcosa di vero» rifletteva Pierre sorprendendo alcuni di questi sguardi diretti non verso di lui, mai verso di lui, ma verso Agnès.

Era soprattutto di una rivalità tra donne che si sentiva vittima:

«D’altronde per me,» pensava «se non si trattasse che di me...».

A preoccuparlo, era l’avvenire di Guy. Vedeva di buon occhio che Guy sollecitasse un posto nella fabbrica che era stata di suo nonno. Quando lo diceva ad Agnès, lei, scandalizzata, esclamava:

«Hai voglia di scherzare? Intelligente com’è, uscito da una scuola d’élite, con l’educazione che ha ricevuto!».

Era difficile far capire ad Agnès che vivevano in un mondo in cui l’intelligenza, la scienza e l’educazione non valevano più granché: «Merci preziose, ma che nessuno acquistava». No, bisognava durare a ogni costo.



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