I fuorilegge della montagna. Cime, uomini, imprese by Dino Buzzati

I fuorilegge della montagna. Cime, uomini, imprese by Dino Buzzati

autore:Dino Buzzati [Buzzati, Dino]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa
ISBN: 9788852031878
editore: Mondadori
pubblicato: 2017-03-02T16:00:00+00:00


«Corriere della Sera», 13 giugno 1954

Una grande notizia

Hanno vinto! Da parecchi anni gli Italiani non avevano avuto una notizia così bella. Anche chi non si era mai interessato d’alpinismo, anche chi non aveva mai visto una montagna, perfino chi aveva dimenticato che cosa sia l’amor di patria, tutti noi, al lieto annuncio, abbiamo sentito qualche cosa a cui si era persa l’abitudine, una commozione, un palpito, una contentezza disinteressata e pura. E con la fantasia abbiamo cercato di vedere i due vittoriosi sul pinnacolo ultimo del colosso diecimila volte più grande di loro, e i compagni appollaiati sugli spalti della ciclopica parete, simbolo minuscolo di un esercito schierato in profondità per la battaglia decisiva: tutti bravissimi, tutti degni di essere citati all’ordine del giorno del Paese. «Gloria», «trionfo» sono le parole che gli Inglesi, per cui l’antiretorica è legge nazionale, hanno adoperato senza risparmio l’anno scorso quando venne vinto l’Everest. Perché oggi non dovremmo usarle noi?

E poi, una invidia immensa: ecco il sentimento che abbiamo provato all’idea di quei due uomini in cima alla seconda vetta della Terra: così come quando, da bambini, si invidiavano gli eroi che sconfiggevano i draghi e gli orchi delle fiabe. «Sublime» è un vocabolo rischioso, a cui ricorrere solo nelle occasioni eccezionali. Eppure non ci resta altro per definire ciò che sicuramente è avvenuto nell’animo degli alpinisti in quell’ora memorabile.

Guardateli: spossati dalla fatica sovrumana, imprigionato il volto dalla maschera d’ossigeno che dà la vita ma è anche un tormento, infagottati dai giacconi imalaiani gonfi di piuma, simili a due goffi fantocci che, esaurita la carica, si muovono al rallentatore, già in preda forse alle misteriose allucinazioni degli ottomila metri, ridotti quasi a un pallido ricordo di se stessi, costretti a risparmiare anche i minimi movimenti, ché lassù semplicemente alzare un braccio costa un estenuante sforzo, all’ultimo confine delle risorse fisiche, oltre il quale c’è la morte. Ma ora pensate alla tremenda felicità che deve aver sopraffatto i loro cuori: quella suprema solitudine, sparita l’ossessionante sagoma che da mesi incombeva su di loro, più nulla al disopra tranne il cielo, e tutto intorno, fino a perdita d’occhio, lo sterminato arcipelago del Karakorum, ghiacciai inesplorati, catene gigantesche, vitree cattedrali, picchi paurosi, tutti, assolutamente tutti più bassi di loro. E quell’improvvisa pace interna dopo tanta tensione e tanti orgasmi, e il ricordo della casa lontana, e, legata alla piccozza, la bandierina di tre colori che finalmente sventola! Meravigliosa estasi non fatta di appagate ambizioni personali, di celebrità raggiunta, di sfrenato amore di se stessi, ma che veniva dalla coscienza di aver compiuto una gesta in sé splendida e nobile, di avere bene meritato della patria.

Per loro una rarissima felicità che le parole non possono descrivere, ma anche per noi tutti, Italiani, una vera e grande gioia. Ce n’è motivo in abbondanza. Ricordiamoci di certe esplosioni di esultanza collettiva perché uno dei nostri era arrivato primo al Tour o perché la squadra azzurra aveva vinto una importante partita all’estero. Non che si voglia disprezzare queste cose, ma al



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