I soldati piangono di notte by Ana Maria Matute

I soldati piangono di notte by Ana Maria Matute

autore:Ana Maria Matute [Matute, Ana Maria]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2023-04-06T17:18:11+00:00


8

(C’erano due file di vasi ai lati dell’ingresso della Casa dei Negri.

«Dove vai?», domandò Raúl.

«Lì dentro».

«Allora sarà meglio che entri con me».

La prese per il braccio, e si rese conto che gli arrivava alla spalla. Guardò il suo profilo da vicino. Aveva il naso corto, con le alette dilatate. Qualcosa di selvatico e animale gridava in tutta la sua persona, comunicava una sensazione torbida e piacevole. La strappava dal suo stretto isolamento, “Non conosco affatto questi esseri di cui Dionisia profetizza brutalità senza fine e alito cattivo”. Senza preamboli, come se avesse aspettato la prima occasione per domandarlo, lui disse:

«Cosa c’è fra te e Dionisia?».

Lei lo guardò, in silenzio. Allora lui cambiò rapidamente discorso:

«Ma chi ti ha tagliato i capelli, cosa vedo? Hai qualcosa di strano!».

«Me li sono tagliati da sola. Lo so che sono venuti male, ma non mi importa».

Raúl le passò la mano sulla testa, le lisciò i capelli ai due lati della faccia e glieli mise dietro le orecchie.

«Vedremo cosa dice tua madre, domani».

«Non mi importa neanche cosa mi dirà lei».

Sperò che non si accorgesse della strana fantasia che le nasceva sotto quella mano.

La tenda che dava accesso alla sala della Casa dei Negri era di bambù. Fece quasi un salto, di cui si sorprese lei stessa, e finalmente, finalmente scostò la tenda di bambù. Sentì un tintinnio speciale sopra la testa, attorno alle spalle: come un lievissimo cozzar di ossa. Fu pervasa da un piacevole timore, scostò con entrambe le braccia i lunghi fili ed entrò. Raúl la seguiva a brevissima distanza. Senza vederlo, notava il suo sorriso complice, a labbra chiuse, che si allungava fino agli angoli della bocca. Lui le cercò la mano, la imprigionò nella sua e la guidò attraverso la sonora oscurità, dove tra il fumo dorato vagavano fioche luci rosa e verdi. Raúl disse:

«Da questa parte, beviamo qualcosa».

Sentiva un intralcio tra i piedi. Ma era un intralcio incorporeo, una sorta di vento che trascinava foglie secche. Raúl le disse all’orecchio, in modo che la voce le arrivasse, molto bassa, attraverso l’acuto metallico della tromba:

«Dimmi cosa vuoi bere».

Ma si accorse che i suoi occhi le chiedevano un’altra cosa.

«Per me fa lo stesso, non conosco niente».

«Non è vero», disse lui. Le strinse piano la spalla. Erano davanti a un tavolino bianco e rotondo, su cui ardeva una fiammella rosa. Di colpo lei aveva gli occhi inondati di lacrime, vedeva ogni cosa come attraverso un vetro smerigliato.

«Perché piangi? Non aver paura!».

«Non ho affatto paura», disse. «Piango perché finalmente sono entrata nella Casa dei Negri».

«Questo posto non si chiama la Casa dei Negri. Però il nome mi piace. Be’, lo vedi, non ha niente di speciale».

«No, però ci sono entrata, sono qui, e d’ora in avanti andrò sempre dove mi pare».

Lui ordinò qualcosa e portarono due bicchieri. Raúl disse:

«Adesso mi racconti di Dionisia».

«Non mi va».

Le tornò un timore strano. Che Raúl se ne andasse, che tutto si spegnesse. Si guardò attorno: “È vero, non ha niente di speciale”, lui doveva averlo detto senza badarci, e lei ora lo vedeva.



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