icerbox Barone sommersa by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

Fu proprio mentre il controllo sui militanti raggiungeva l’apice della psicosi che il partito iniziò lentamente a sfaldarsi. Le persone se ne andavano in piccoli rivoli, senza rumore, oppure con il fracasso dell’espulsione. Druina aveva avuto un figlio nel marzo del ’73, e si distaccò quasi impercettibilmente dal partito nei mesi a seguire, perché aveva smesso di credere nel Pcim-l, perché le incombenze della vita pratica – il lavoro, il bambino – erano più concrete della prospettiva di una rivoluzione che cominciava ad apparire sempre più inverosimile. Il mondo era crudele: ma le risposte che dava il partito, come finì per convincersi nel corso del tempo, erano sbagliate.

“Non fidarti mai del tutto di quello che ti diremo,” mi disse. “Le persone alterano i fatti. Scelgono di raccontare la loro vita in un certo modo e non in un altro. Dimenticano.” Fece una pausa, come se ci pensasse su. “Sono tre i grandi peccati dell’umanità: la mistificazione, l’invidia e la rimozione di quello di cui ci si vergogna.”

Quanto a Elia Morgari, che non credeva nella bontà intrinseca delle masse, né che l’espressione collettiva fosse necessariamente positiva, venne più volte processato durante le riunioni e accusato di essere un “fatalista intimista”. Una definizione perfetta, commentò lui con un sorrisetto. Era stanco dei canzonieri del Pcim-l, di tutto quel baccano, della promiscuità continua, della retorica. Una volta, mi raccontò, fece una scuola quadri agli edili italiani in Svizzera, quasi tutti campani, che vivevano praticamente da schiavi in baracche di legno. Passò due giorni a parlare con loro e alla fine i saluti furono piuttosto melodrammatici. Gli operai si strappavano le canottiere, urlavano: “Voglio rivedere la mia famiglia!” Morgari non sopportava quel tipo di sceneggiate ed era stato assalito da un disagio soffocante.

“Forse,” dissi timidamente, “era l’unico modo che conoscevano per esprimere un dolore che era autentico.”

“Certo,” disse lui. “Hai ragione. Ma non riuscivo a non provare fastidio, e mi sentivo anche in colpa per questo.”

Lo capivo molto meglio di quanto credesse. Ripensai a quella conversazione una sera – abitavo allora a Como con N. e già da anni avevo lasciato la piccola casa di Milano – mentre guardavamo un documentario sugli emigrati in Svizzera. Negli anni sessanta la Rai aveva registrato un programma – che veniva trasmesso in Svizzera – in cui i parenti degli emigrati potevano salutare i loro cari lontani. Di solito erano bambini con i nonni, che non sapevano bene come comportarsi di fronte alla telecamera. C’era una ragazzina, poteva avere dodici o tredici anni, una ragazzina grossa e alta, che si rivolgeva alla madre e raccontava che stava facendo apprendistato da sarta. Disse, e la voce già le tremava: “Quando tornerai, mamma, ti farò un vestito bellissimo, con tutti i pizzi.” Poi il suo viso rotondo si spezzò e lei se lo coprì con le mani e disse: “Per favore, basta, sono troppo emozionata.” Mi alzai e mi nascosi in cucina a piangere. Non riuscivo a smettere. C’era una vera differenza tra la ragazzina trattenuta e gli uomini enfatici

scaricare

Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.