icerbox Certeau Fabula by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

3. Giovanni della Croce, un «santo» che fa autorità

A proposito di Surin si deve osservare che, in lui, Giovanni della Croce interviene come un’autorità, anzitutto perché è un «santo» o, almeno, quasi un «santo». Il termine, al tempo, designa più un tipo di conoscenza e di esperienza che delle virtù. In altri termini, si riferisce alla sapientia sanctorum, costellazione di «massime», «detti», «dottrine», ma anche di «conquiste» che oppongono in mille modi una «scienza dei santi» o una «scienza mistica» alla scolastica dei teologi professionisti19. Ma il «santo» beneficia anche di un riconoscimento pubblico da parte della Chiesa: ha ricevuto una licenza. La sua autorità si situa sull’articolazione di quanto egli ha detto della sua esperienza e di ciò che il magistero ha fatto di lui. Surin, polemista e attraversato dalla mistica, ricorre ai santi contro gli attacchi dei «filosofi». Cerca di difendere, attraverso di loro, una «scienza» contro le «macchine della teologia»20. Alle loro «autorità», oppone altre autorità, scegliendo nella tradizione quanto permette di confutare la selezione che pure la scolastica ha effettuato nell’ampio e complesso tesoro della stessa tradizione.

Egli utilizza, dunque, Giovanni della Croce, ma in una maniera un poco imbarazzata. «Uomo molto illustre, scrive, che sta per essere canonizzato»21. C’è una mancanza da parte del riconoscimento ufficiale. Questo lo mette a disagio. Aggiunge: «Padre Giovanni della Croce, compagno di santa Teresa»22. Santa Teresa: non è l’incontestabile? Più conosciuta, più facile, già glorificata, è letta anche dai collegiali che tengono in tasca la sua Autobiografia e ricevono come argomento di dissertazione il racconto della sua esistenza romanzesca e stellare23. «Compagno di santa Teresa», è dunque una buona referenza per un uomo il cui processo di beatificazione è iniziato nel novembre 1613 ma che sarà «canonizzato» addirittura nel 1726. Egli è tuttavia un’«autorità» che più avanti imbarazzerà Bossuet, dopo essere stato difficilmente rifiutabile da parte degli «esaminatori della teologia mistica» con i quali Surin si trova in disaccordo.

Tuttavia è il «santo», ed è come santo che il «beato Giovanni della Croce» ha autorità. In Surin è caratteristica la frequenza dei rimandi alla Vie du bienheureux Père Jean de la Croix di Quiroga (José de Jesús María), tradotta da Élisée de Saint-Bernard e pubblicata a Parigi nel 1638. Lo mostrano diversi accenni. Ne trattengo un solo tratto, perché è divenuto quasi mitico e perché ha organizzato la leggenda come l’iconografia sanjuanista24: Pati, Domine, et contemni pro te. È uno degli stereotipi del riferimento a Giovanni della Croce. Anche nell’opera di Surin gioca un ruolo polarizzatore; vi indica meno l’ascesi, il dolore o il martirio, quanto la «folle» passività del mistico e la violenta «inazione» del Dio che entra nell’anima come un ladro. Qui, la preferenza accordata al pati et contemni è un avvenimento, un marchio indelebile a metà della vita, grazie al quale Surin scopre quanto chiama «l’amore sofferente»25. È un sigillo divino simile al colpo indistintamente sferrato e ricevuto da Giacobbe durante la sua lotta notturna. Il pati è un momento nel tempo, ma inaugura una nuova modalità di esistenza.

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