icerbox Maurensig Pimpernel by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

A Venezia la compravendita d’arte era fiorente, a cominciare dai mercati rionali dove la merce veniva esposta per strada. I luoghi in cui si potevano acquistare o vendere quadri e anticaglie non mancavano: c’erano innumerevoli negozi di antiquari e corniciai, ma anche bugigattoli di robivecchi e rigattieri. A questi si aggiungevano le botteghe dei pittori e dei copisti, e le sagrestie, dove spesso si faceva traffico di ex voto e immagini sacre.

Cinque

Da questa solenne promessa ebbe inizio la nostra avventura, il nostro gioco quotidiano, ma anche l’intima partita dei sentimenti. Nei giorni successivi diventò una consuetudine incontrarsi sempre alla stessa ora sotto la Torre dei Mori, per poi avviarci tra le calli alla ricerca del misterioso dipinto che avrebbe dovuto ispirare il mio racconto.

Trascorrevamo cosí le giornate, dedicando la mattinata alle chiese e ai musei, mentre di pomeriggio c’inoltravamo nei posti piú impensati, combinando gli orari in modo da poterla ricondurre al convitto.

Varcata la soglia dello studio di un pittore o di un negozio di antiquariato, io cominciavo a darmi da fare con il proprietario, dilungandomi con dissertazioni sull’arte, per dimostrare subito, smaccatamente, la mia competenza ed evitare in tal modo inutili tentativi di raggiro da parte sua. L’interesse che dimostravo, interesse condiviso dalla giovane donna che avevo a fianco, era cosí vivo e autentico, che il negoziante, l’antiquario o l’artista di turno ci dedicavano molto piú tempo del dovuto. Non era facile, però, farsi condurre nei magazzini, o a frugare nei ripostigli. Bisognava manifestare una forte determinazione all’acquisto, e allo stesso tempo l’assoluta indifferenza per le solite vedute di Venezia o per le copie del Bellini e del Tiepolo che erano in bella mostra. Bisognava stimolare l’amor proprio del negoziante, indurlo a scoprire tutte le sue carte. Succedeva a volte che il garzone di bottega ci accompagnasse, su indicazione del proprietario, in qualche angiporto frequentato da loschi individui, dai quali non era poi facile andarsene a mani vuote senza subire insulti masticati a bassa voce. Annelien sembrava divertirsi un mondo, come fosse un’autentica caccia al tesoro. All’inizio ci eravamo inventati la scusa di un quadro donato alla famiglia, raccontando che era andato perduto durante un trasloco, e della necessità di sostituirlo con uno simile. Per mantenerci sul vago avevamo concordato dovesse trattarsi di un paesaggio con figure. E per averlo ci dichiaravamo disposti a pagare qualsiasi prezzo. Di fronte a una simile richiesta qualcuno cercava di assecondarci, ma altri, pensando che cercassimo merce rubata, s’insospettivano e, per non correre rischi, ci congedavano al piú presto, a volte anche in malo modo. Non era infrequente incontrare chi di fronte alla storiella del quadro perduto volesse conoscere ogni particolare della vicenda, facendoci spesso cadere in contraddizione. Ma quasi sempre, subodorando un affare, il negoziante ci apriva l’accesso a polverosi retrobottega e, convinto di poterci abbindolare, cercava di allettarci con qualche crosta rimasta invenduta per decenni e ripulita sommariamente dalle ragnatele, attribuendola a un pittore famoso, o perlomeno alla sua scuola. Alla fine, però, doveva vedersela con me che in fatto d’arte non ero l’ultimo arrivato.

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