Il caldèras by Sgorlon Carlo

autore:Sgorlon Carlo
La lingua: ita
Format: mobi, epub
pubblicato: 2012-11-16T23:00:00+00:00

Il rifiuto

Minna era la meta di un viaggio a cui tendeva da sempre. Ma esplorando il paese femminile aveva scoperto anche se stesso, perché si era destato dopo il lunghissimo sonno che era durato fino ad oggi. Si sentì felice. Non gli importava più nemmeno di non possedere un cognome, di averne uno inventato e di essere uno zingaro.

Cominciò un altro periodo della sua vita. Lavorava tutto il giorno, ma la sera andava da Minna, cenava con lei, suonava per lei il violino di Vissalòm, e tutto questo non era che un preludio al momento in cui l'avrebbe presa tra le braccia e la sua esplorazione sarebbe ricominciata. Minna sorrideva e lasciava fare perché Sindel le piaceva e le piaceva l'amore.

Tutti gli uomini della sua vita, specialmente quelli di Vienna, erano dimenticati, Francesco era morto e non restava più che questo ragazzo dalla pelle di creta. Per Sindel ogni cosa era anche gioco, ma l'amore e la scoperta della donna era il principe dei giochi, che ricominciava sempre daccapo. Era come se durante il giorno egli dimenticasse tutto ciò che aveva appreso su Minna la notte precedente, e dovesse ricominciare a scoprirlo. Bastava un giorno perché il luogo straordinario che era la donna si ricoprisse di erbacce di sottobosco, di acquitrini e di canne palustri, sicché ogni sera la riscoperta e l'esplorazione ricominciavano. Non era mai sazio. Minna a volte era stanca e sorridendo gli diceva di smetterla. Lui allora si metteva a suonare o dava inizio ai suoi sproloqui fantastici, in cui parlava di nulla e di tutto.

Lei rideva come fosse al circo e guardasse lo spettacolo dei buffoni.

«Ma tu sei un clown» gli disse.

«Certo. Sono uno degli jats.»

«E chi sono gli jats?»

«Sono gli zingari delle origini, che erano musici e saltimbanchi, giocolieri e buffoni, e divertivano il popolo, finché non furono invasi e ricondotti in schiavitù.

Cominciarono a vagare per tutta la terra, ma senza dimenticare di essere stati in origine degli jats.»

Minna scoprì che era diventata per Sindel una bambola vivente. Sindel non si accorgeva minimamente che aveva quindici anni più di lui, perché era tutto preso da altre cose, e pareva non credere ancora ai suoi occhi. Il pensiero di Tereza, che viveva con Ottone nella fortezza di Torrasco, lo turbava non poco. Ma sentiva che in Minna c'era anche Tereza, perché in una donna v'erano un poco tutte le donne, dato che in ognuna di esse v'era come l'archetipo eterno della donna e l'idea che lui aveva di essa. Invece d'immaginare il wurdon rosso della madre aggirarsi dalle parti di Vienna o di Praga, adesso, sognava piuttosto di fare a Vienna il suo viaggio di nozze con Minna. Una volta ci fu in Sindel l'inizio di un'inquietudine perché Minna era stata la donna di Francesco. Si immalinconì e quasi perdette il gusto di giocare con lei.

«Che ti succede?» chiese Minna.

«Niente, pensavo a Francesco.»

«Francesco non c'è più.»

«Forse è geloso di noi. Forse è qui attorno e mi sente come un usurpatore. Forse gli ho rubato la donna e anche la vita.

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