Il cinema americano classico by Giaime Alonge & Giulia Carluccio

Il cinema americano classico by Giaime Alonge & Giulia Carluccio

autore:Giaime Alonge & Giulia Carluccio [Alonge, Giaime & Carluccio, Giulia]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biblioteca Universale Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2020-02-15T00:00:00+00:00


4. Sogni, simulacri e strategia narrativa

La sequenza iniziale – dopo i titoli che scorrono sul ritratto di Laura (subito un ‘simulacro’), mostrato con angolazione leggermente obliqua, mentre sentiamo il tema musicale che da commento extradiegetico diverrà motivo diegetico (evocatore della presenza di Laura per noi, ma anche per i personaggi del film che lo ascoltano riprodotto su disco) – rivela immediatamente una strategia narrativa peculiare ed essenziale in rapporto a ciò che segue, al film nel suo complesso. Le parole di qualcuno che poi si presenta come Lydecker («Non dimenticherò mai il giorno in cui Laura morì... io, Waldo Lydecker») iniziano con lo schermo nero, sullo svanire della coda del tema musicale di David Raksin a cui si sostituiscono, e proseguono con la carrellata che scopre l’appartamento di Waldo, i suoi mobili in stile Biedermeier, le maschere, gli idoli orientali, i ritratti femminili alle pareti, la pendola barocca (che avrà il suo doppio in casa di Laura), la vetrina con la collezione di porcellane e cristalli, fino a mostrare McPherson che viene redarguito dalla stessa voce proprio perché tocca uno di quegli oggetti. Solo allora, dopo una carrellata di raccordo spaziale che accompagna Mark nella stanza da bagno, un’improvvisa e rapida panoramica raggiunge Waldo immerso nella vasca, ancorando così quella voce proveniente dal nero al suo corpo nudo, anziano e fragile.

Dunque, dal nero dello schermo, una voce prende parola, inizia un racconto. Un soggetto narrante, inizialmente indistinto, senza corpo, dà avvio in prima persona a una retrospezione; da un tempo e uno spazio imprecisati muoviamo verso un altro tempo e spazio che appaiono sullo schermo quando la voce di Lydecker annuncia la presenza di «uno dei soliti poliziotti». Ed è in effetti il corpo di Mark McPherson a essere mostrato prima di quello di Lydecker di cui continuiamo per qualche momento a udire solo la voce. In qualche modo si può dire che Lydecker venga messo in scena ma non in inquadratura, o meglio che alla sua immagine propria venga sostituita – anche se provvisoriamente – quella di Mark. Non solo i due personaggi, la cui specularità e reciprocità risultano nel film molto più forti che nel romanzo, appaiono fin da subito l’uno il doppio dell’altro (prima la carrellata fino a Mark, mentre la voce di Lydecker si presenta, poi la panoramica a scoprire Waldo, dopo che è stato presentato Mark), ma anche il loro statuto è fin dall’inizio quello instabile, incompleto, di voci senza corpo o corpi senza voce che hanno origine dal nero, dal buio, dall’ombra. E il mondo che prende forma dal nero iniziale è tra l’altro un mondo in cui, intorno ai due personaggi, la macchina da presa segnala la presenza di maschere, profili, ritratti. Cioè, simulacri, come del resto quello della prima immagine del film, il ritratto della protagonista. È così che inizia il teatro d’ombre di Vertigine – Laura, a partire dall’ombra di un soggetto narrante la cui origine resta ignota; a partire dall’ombra di un oggetto del desiderio, quello evocato dal ritratto.



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