Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500 by Carlo Ginzburg
autore:Carlo Ginzburg [Ginzburg, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, General, Europe, Renaissance, Social History
ISBN: 9788806201043
Google: wnbyQQAACAAJ
editore: Einaudi
pubblicato: 2009-01-15T15:22:20+00:00
40.
Perché Menocchio, oltre a fantasticare sul paradiso, desiderava un «mondo nuovo»: «l'animo mio era altiero» aveva detto all'inquisitore «et desidera[va] che fusse uno mondo nuovo et muodo de vivere, che la Chiesa non caminasse bene, et che si facesse che vi non fusse tante pompe». Che cosa voleva dire Menocchio con queste parole?
Nelle società fondate sulla tradizione orale, la memoria della comunità tende involontariamente a mascherare e riassorbire i mutamenti. Alla relativa plasticità della vita materiale corrisponde cioè un'accentuata immobilità dell'immagine del passato. Le cose sono sempre andate cosÃ; il mondo è quello che è. Soltanto nei periodi di acuta trasformazione sociale emerge l'immagine, generalmente mitica, di un passato diverso e migliore - un modello di perfezione, di fronte a cui il presente appare come uno scadimento, una degenerazione. «Quando Adamo zappava e Eva filava, chi era nobile?» La lotta per trasformare l'assetto sociale diventa allora un tentativo consapevole di tornare a quel mitico passato.
Anche Menocchio contrapponeva la Chiesa ricca e corrotta che aveva sotto gli occhi alla povertà e alla purezza di una mitica Chiesa primitiva: «vorei che [la Chiesa] fusse governata amorevolmente come fu instituita dal signor Giesu Christo... sono messe pompose, il signor Giesu Christo non vuol pompe». Ma a differenza della maggior parte dei suoi compaesani, la capacità di leggere gli aveva dato la possibilità di appropriarsi di un'immagine del passato che andava al di là di questa sommaria contrapposizione. Il Fioretto della Bibbia, in parte, ma soprattutto il Supplementum supplementi delle croniche del Foresti offrivano infatti un racconto analitico delle vicende umane che andava dalla creazione del mondo fino al presente, mescolando storia sacra e storia profana, mitologia e teologia, descrizioni di battaglie e di paesi, elenchi di principi e di filosofi, di eretici e di artisti. Non abbiamo testimonianze esplicite delle reazioni di Menocchio a questa lettura. Certo, non lo lasciò tutto «travaliato» come avevano fatto i viaggi di Mandeville. La crisi dell'etnocentrismo passava nel Cinquecento (e cosà sarebbe stato per molto tempo ancora) attraverso la geografia, sia pure favolosa, non attraverso la storia. Tuttavia una traccia quasi impercettibile ci consente forse di intravedere con che animo Menocchio lesse la cronaca del Foresti.
Il Supplementum fu piú volte ristampato e volgarizzato sia prima che dopo la morte del suo autore (1520). Menocchio dovette averne tra le mani un volgarizzamento postumo, aggiornato da una mano ignota fino ad anni vicini a lui. Lesse quindi le pagine dedicate allo scisma di «Martino ditto Luther frate del ordine heremitano di santo Augustino» dall'anonimo curatore - verosimilmente un confratello del Foresti, eremitano anche lui. Il tono di queste pagine era singolarmente benevolo, anche se verso la fine si tramutava in una netta condanna. «... La causa per la quale esso [Lutero] si è prorotto in tale iniquitade, - scriveva l'anonimo, â si appare esser processa dal summo pontifice (benché in rei veritate non sia il vero) ma è processa d'alcuni maligni et pessimi huomini quali sotto specie di santitade operano grandissime cose et molto eccessive». Questi uomini erano i francescani, a cui Giulio II prima, poi Leone X aveva affidato la predicazione delle indulgenze.
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