Il fronte russo by Luca Steinmann

autore:Luca Steinmann [Steinmann, Luca]
La lingua: ita
Format: epub, mobi, azw3
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2023-01-23T12:00:00+00:00

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I primi dentro Mariupol

Mariupol è un’immensa nube di fumo nero che si alza dai palazzi, intorno ai quali si aggirano sciami di elicotteri. È l’incessante rumore delle esplosioni, dei fischi dei missili e delle raffiche di mitragliatrice. È il crepitio delle macerie che si sgretolano sotto le suole a ogni nostro passo. È una lunga coda di macchine in fuga verso le campagne, dai finestrini sventolano bandiere bianche. Mariupol è soprattutto la lotta per la sopravvivenza di decine di migliaia di disperati rimasti intrappolati in questo inferno.

«Dio mio» dice Liseron mentre entriamo in città, «è incredibile quanta gente sia ancora qua. Durante gli assedi di Raqqa e Mosul molti degli abitanti erano riusciti a scappare. Qui, invece, sono rimasti chiusi dentro.»

Non c’è minuto in cui non si senta il suono di un missile, di una scarica di proiettili o che non si vedano grosse nubi levarsi verso il cielo. Io, Gabriele, Pasha, Liseron, Sam e i giornalisti russi accediamo a Mariupol arrivando da ovest, dalla strada che la collega con Melitopol. Sulle nostre macchine abbiamo disegnato con lo scotch delle grosse Z, per non venire colpiti dal fuoco amico. Gli incursori russi si sono aperti una breccia nei quartieri occidentali della città, dove stanno combattendo e verso i quali siamo diretti. Da lì sono in fuga migliaia di persone. Alcuni sono riusciti a raggiungere il villaggio di Volodarske, sette chilometri più a ovest, dove c’è un primo centro di accoglienza e di filtrazione che è diventato un’enorme tendopoli. Altri vengono fermati a un posto di blocco dei miliziani alle porte della città, dove si formano lunghissime code di macchine con la carrozzeria piena di segni lasciati dai proiettili, con i vetri distrutti e con teli e asciugamani bianchi appesi ai finestrini o legati agli specchietti per segnalare la propria non belligeranza. I soldati perquisiscono ogni auto e persona. Temono che tra i fuggiaschi si celino combattenti ucraini. Se il controllo viene superato, chi fugge può continuare per Volodarske, dove dovrà registrarsi per poi decidere se entrare nei programmi di aiuto e trasferimento russi oppure andare per la propria strada.

Entriamo in città a tutta velocità e, poco dopo aver superato il cartello che ne segna l’inizio, parcheggiamo di fianco a un grande centro commerciale. Sul tetto sventola un’enorme bandiera di Russia Unita, mentre nel piazzale antistante migliaia di sopravvissuti sono in fila per ricevere il proprio pacco. Aspettano pazientemente per ore, senza farsi prendere dal panico per missili e i botti incessanti. La loro estrema tranquillità cozza con il pericolo che li circonda. I grossi palazzi sovietici qui intorno sono tutti anneriti, crivellati di fori, colpiti o distrutti dalle bombe. Missili piovono a poca distanza da noi, facendo tremare il terreno. Le strade sono disseminate di cocci e macerie.

Un gruppo di soldati armati con i volti nascosti dai passamontagna, i nastri bianchi legati al braccio e le Z cucite sulle uniformi pattuglia il quartiere e ferma gli uomini in età da combattimento. Con i mitra spianati prima chiedono loro di mostrare

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