Il giardiniere by Miss Black

Il giardiniere by Miss Black

autore:Miss Black [Miss Black]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2018-09-25T22:00:00+00:00


Io ero a cavalcioni su di lui, all’altezza dei suoi fianchi. Seduta, diciamolo pure, sul suo inguine. Lui aveva le ginocchia piegate e la schiena rialzata, appoggiata al lettino un po’ sollevato.

«È anche una questione estetica. Hai dietro tutto il firmamento» disse, posandomi entrambe le mani sulle cosce. Non molto in alto, subito sopra le ginocchia. Il calore dei suoi palmi penetrò lentamente la stoffa dei miei pantaloni.

«La cosa più ridicola è che non sono una difficile» dissi. «Ci sto pure con quelli che non mi piacciono un granché, tu dovresti avermi convinta in dieci minuti. Ma dici sempre qualcosa di davvero antipatico».

«Questa volta non dirò niente di antipatico. Sei bella».

«Mmm…»

«Non bellissima, capisci. Bella. Sono le mie ultime parole. Appoggiati a me. Goditi la vista».

Mi diede una lieve spintarella e capii solo in quel momento che potevo usarlo come una chaise longue, posando la schiena sulle sue cosce e allungando i piedi davanti a me. Scivolando un po’ più in basso… mmm, si stava molto bene. La nuca tra le sue ginocchia, le mie ginocchia piegate, le gambe aperte… ovviamente le sue mani che mi accarezzavano l’interno delle cosce.

Chiusi un po’ le gambe e lui continuò ad accarezzarmi senza spingersi troppo in alto. Per la prima volta sentii il suo corpo cambiare, sotto il mio. Fino a quel momento, per quanto fossimo stati in intimità, non era mai successo. O comunque non ero nelle condizioni di accorgermene, come quando eravamo finiti in quel buco.

Ripensai a com’era stato stare abbracciata a lui sul divano del mio appartamento. Mi aveva baciata, lo ricordavo, ma per il resto era stato bravo e buono.

Certo, quello era Kovach.

Ma in fondo lui e Kovach erano la stessa persona, per quanto Nikolay potesse fare il bastardo suggerendo che andassi “prima” con il suo assistente. E non stava scherzando, non proprio.

Mentre in quel momento…

In quel momento Nikolay fece scivolare una mano giù per una delle mie gambe, mi sollevò il piede, mi sfilò la scarpa e si posò la caviglia su una spalla. Sentii la sua bocca sul lato del polpaccio, leggera, delicata.

«Non era la prima volta, vero?» gli chiesi. «Non era la prima volta che interpretavi Kovach».

Continuò a baciarmi. Sentii anche la sua lingua e quel contatto diverso, bagnato, mi fece scorrere giù per la spina dorsale un brivido caldo.

«No, certo. Ho fatto il giardiniere, il lavapiatti, quello delle pulizie…»

La sua mano tornò a percorrere la mia gamba. Su, su, fino a posarsi a coppa sul mio sesso.

«Non vorresti essere lui, a volte?».

Mi massaggiò piano e dalle mie labbra sfuggì un sospiro. «Sono lui, a volte. Ma in generale, no. Non c’è nulla di romantico nella povertà. Non è bello doversi adattare, accontentare, dover subire le decisioni altrui, che siano buone o cattive».

Mi tornò in mente quando, poco prima, avevo avuto la percezione di come potesse licenziarmi o lasciarmi al mio posto e di come non potessi farci nulla.

«No, non è bello…» mormorai.

E attraverso i pantaloni e gli slip, lui trovò il mio clitoride e lo premette come un pulsante.



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