Il giorno che durò più di un secolo by Chingiz Aĭtmatov

autore:Chingiz Aĭtmatov [Aĭtmatov, Chingiz]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788842585794
editore: Ugo Mursia editore
pubblicato: 1982-11-14T23:00:00+00:00

… Come traccia di cinghia sul fianco del cavallo,

Così i giorni del passato amore non si cancellano dalla memoria…

Le mani di Zaripa pizzicando le corde del mandolino la costringevano a vibrare, a diffondere una musica sofferta fra le persone strette intorno, in quella notte di Capodanno. Nella canzone Zaripa volava via, a Edigej sembrava che fuggisse lontano chissà dove, a respirare libera e leggera l’aria di neve dei Sarozeki, con quella sua camicetta color lilla lavorata a maglia, il colletto bianco rovesciato, il mandolino che risuonava; gli pareva che le tenebre intorno si aprissero e che lei allontanandosi si dileguasse nella nebbia, e restasse solo la musica del mandolino; ma ricordandosi poi che anche allo smistamento di Boranly c’erano persone che avrebbero sofferto la sua mancanza, ritornava e riprendeva a cantare intorno al tavolo…

Poi Abutalip mostrò come si danzava fra i partigiani, posando ognuno le mani sulle spalle dell’altro e battendo i piedi al ritmo. Zaripa lo accompagnava sul mandolino mentr’egli cantava con fervore una canzone serba e tutti ballavano in cerchio, ognuno con le mani sulle spalle dell’altro e gridavano: «Oplà, oplà…».

Poi cantarono ancora, bevvero, brindarono, si augurarono Buon Anno, qualcuno uscì, qualcun altro entrò… Il capo dello smistamento con la moglie incinta se n’era andato ancora prima delle danze. Così trascorreva la notte.

Zaripa uscì a prendere una boccata d’aria, Abutalip la seguì. Ukubala costrinse tutti a coprirsi perché non uscissero al freddo accaldati. Zaripa e Abutalip erano fuori da molto e ancora non si vedevano. Edigej decise di andare a cercarli, senza di loro la festa non continuava bene.

Ukubala gli gridò:

— Copriti, Edigej, dove vai così, prenderai freddo!

— Torno subito. — Edigej uscì nel freddo chiarore di mezzanotte. — Abutalip, Zaripa — li chiamò guardandosi intorno.

Nessuno rispose. Dietro la casa riconobbe le loro voci. Si fermò indeciso non sapendo cosa fare: andare via o avvicinarsi e ricondurli in casa. Stava avvenendo qualcosa fra di loro.

— Non volevo che tu mi vedessi, — singhiozzava Zaripa. — Scusami. Solo che non ho resistito. Perdonami, ti prego.

— Capisco, — cercava di calmarla Abutalip, — capisco tutto. Ma non si tratta di me, del fatto che io sono così. Come se ciò riguardasse me soltanto. Dio mio, a una vita è dato di più, a un’altra di meno. Si poteva anche non attaccarsi con tanta disperazione. — Tacquero un poco, poi egli aggiunse: — I nostri figli ne saranno liberati… Questa è tutta la nostra speranza…

Senza comprendere del tutto il senso del discorso Edigej si allontanò piano con le spalle contratte dal freddo e tornò indietro senza farsi sentire. Quando entrò in casa gli parve che tutto si fosse offuscato e la festa finita. Buon Anno a tutti, ma era tempo di togliere l’incomodo.

Il 5 gennaio 1953, alle 10 di mattina, un treno passeggeri fece sosta allo smistamento Boranly-Burannyj nonostante tutti i binari fossero liberi ed esso potesse tranquillamente proseguire senza intoppi. Il treno si fermò in tutto un minuto e mezzo. Ma fu, a quanto pare, ampiamente sufficiente. Tre tipi che

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