Il mito del mercato globale: critica delle teorie neoliberiste by Giulio Palermo

Il mito del mercato globale: critica delle teorie neoliberiste by Giulio Palermo

autore:Giulio Palermo [Palermo, Giulio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Political Science, Globalization
ISBN: 9788872853306
Google: dCK6AAAAIAAJ
editore: manifestolibri
pubblicato: 2004-10-15T15:43:17+00:00


L’INEFFICIENZA DEI MERCATI REALI

Le considerazioni sul realismo delle ipotesi di fondo e di contorno necessarie alla Pareto efficienza del modello concorrenziale permettono di apprezzare i limiti di quelle impostazioni che interpretano questo modello come fondamento scientifico della desiderabilità del mercato (teorico). Infatti, a questo punto dovrebbe essere chiaro che il modello di equilibrio economico generale non dimostra solo l’efficienza dei mercati teorici, ma anche l’inefficienza dei mercati reali, vista l’impossibilità in pratica di trovare mercati reali 1) popolati da agenti con particolari preferenze che rispettano gli assiomi della teoria neoclassica e con dotazioni tali da permettere la vita in autarchia (la così detta ipotesi di “sopravvivenza del consumatore”), 2) in cui, per qualche ragione accidentale, non si verificano i problemi di molteplicità e instabilità dell’equilibrio (che la stessa teoria neoclassica non è capace di escludere neanche a livello teorico) e 3) in cui non si presentano fenomeni di rendimenti di scala crescenti, esternalità e beni almeno in parte pubblici (i così detti “fallimenti del mercato”).

Ripetere le ipotesi del modello ogni volta che ci si riferisce alle sue tesi non è una perdita di tempo, bensì l’unica garanzia di un uso corretto del metodo logico-deduttivo. La ricerca principe della storia dell’economia borghese consistente nel tentativo di dimostrare la desiderabilità del mercato, culminata nel paradi g-ma di ricerca dell’equilibrio economico generale, non ha dato esattame nte luogo a risultati pro-market e questo non tanto perché nelle condizioni astratte in cui il mercato è efficiente, lo è anche la pianificazione centrale (mentre non è valido il contrario in presenza di rendimenti di scala crescenti, beni pubblici ed esternalità), bensì per via dell’impossibilità concreta di realizzare le condizioni necessarie all’efficienza dei mercati: basterebbe ricordare tutte le ipotesi teoriche che si devono introdurre per garantire l’efficienza del mercato per rendersi conto dei limiti dei mercati reali. E, invece, tutto ciò che rimane nella cultura mistificata delle società di mercato (e, ahimè, nella cultura scientifica degli economisti, i quali, almeno, dovrebbero conoscere le ipotesi dei loro modelli!) è il messaggio che “il mercato funziona”, senza specificazioni e senza riferimenti alle ipotesi introdotte.

Gli economisti sanno che il loro metodo è astratto e rive ndicano forte (su basi metodologicamente discutibili) il loro diritto di introdurre le ipotesi più astruse purché gli sviluppi matematici siano rigorosi. Essi sanno di calarsi in un mondo che non è il nostro quando costruiscono i loro modelli. Eppure, una volta raggiunto un certo risultato, tutto l’apparato analitico, fatto di ipotesi introdotte a diversi livelli di astrazione, smette di fare da contrappeso alla tesi raggiunta e diventa invece la garanzia di scientificità della tesi stessa. E, se una proposizione è scientifica, è anche vera. Così il fatto di aver riempito intere pagine e libri di formule e parole volte a precisare il particolare contesto in cui certe affermazioni hanno validità, invece di ridimensionare la portata del risultato raggiunto, viene presentato come elemento di forza dell’intera argomentazione, dimenticando che tutte quelle parole e quelle formule servivano solo ad allontanare sempre di più il modello dalla realtà.



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