Il mito dell'interiorità. Tra psicologia e filosofia (2011) by Giovanni Jervis

autore:Giovanni Jervis [Jervis, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2015-07-12T00:00:00+00:00

i disturbi psiconevrotici osservati nelle popolazioni illetterate rurali delle società sottosviluppate hanno alcune caratteristiche comuni, quali la natura episodica intercalata da periodi di «normalità», l’intensa compromissione affettiva, e l’acting out che può anche esitare in intenti suicidi od omicidi.287

Sembra prematuro emettere ipotesi sulla natura episodica delle nevrosi fra i contadini illetterati, verificata del resto anche nel Salento fra contadini non «affetti» da tarantismo: una spiegazione potrebbe venir data dal modo stesso di manifestare i propri disturbi in forme clamorose, quasi che ciò costituisse una valvola di sicurezza che entra in azione periodicamente quando la pressione dei sentimenti è divenuta troppo forte, mentre nel caso di riti tradizionali può essere la ricorrenza periodica stessa del rito a fornire il ritmo cronologico a queste manifestazioni; secondo de Martino esistono nel ciclo annuale del contadino momenti di crisi esistenziale legati al ripetersi delle stagioni e dei lavori agricoli, e particolarmente evidenti in occasione della mietitura.288

In base a questi dati sommariamente riferiti, è dunque lecito ritenere che la danza della taranta, nata forse come terapia magica del latrodectismo, abbia però agito essenzialmente come un sistema ordinatore dell’acting out, come un modo di far rientrare in uno schema di comportamento parossistico, ma relativamente innocuo e socialmente giustificato, tutto un insieme di terrori, di pulsioni, tormenti, furori repressi che altrimenti avrebbero potuto sfociare in comportamenti antisociali. Le manifestazioni della cappella di Galatina esprimono appunto, anche nella violenza di certi atteggiamenti, un acting out non ordinato , e quindi fine a se stesso, senza sbocco: utile forse in una certa misura come sfogo, ma penoso, privo di speranza, non polarizzato in un cerimoniale di salvezza, non modulato secondo il ritmo ordinatore e giustificatore della tarantella tradizionale. In questo senso è anche probabile che la musica col suo motivo intenso e ripetitivo fornisca non solo un ordine al movimento, ma anche una via magica allo stato di trance, uno stimolo monotono nel quale il tarantato si immerge e al quale deliberatamente si condiziona, estraniandosi progressivamente da ogni altro stimolo ambientale.

È difficile sapere fino a che punto questa ritualizzazione della nevrosi nel tarantismo sia ancor oggi effettivamente efficace come misura di igiene mentale e come sistema terapeutico. Un tempo il tarantismo era pienamente inserito nella società come manifestazione insostituibile: oggi è anacronistico, ma può fornire forse in alcuni casi un sistema di compenso e di reintegrazione sociale effettivamente utile per prevenire stati di grave nevrosi, e può darsi che in tal modo alcune persone riescano periodicamente a ritrovare un certo livello di funzionalità nel loro ambiente. Anche ammettendo questa possibilità, occorre però notare che la «via del tarantismo» è una via senza sbocco, e implica un sistema ideologico e una prassi tali da imprigionare indefinitamente il soggetto in un circolo vizioso stagionale, in cui lo stesso sistema di reintegrazione coreutico-musicale diviene condanna, malattia, adesione forzata e necessaria a un modo di pensare e di sentire non più attuale, ma superstizioso e oscuro, del tutto contrario a quella razionalità e a quella chiarezza di pensiero che oggi sono possibili e che soli possono trarre il contadino fuori dei suoi mal formulati conflitti.

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