Il mondo nuovo by Aldous Huxley

Il mondo nuovo by Aldous Huxley

autore:Aldous Huxley [Huxley, Aldous]
La lingua: ita
Format: epub, mobi, azw3
Tags: Fantascienza
editore: THC
pubblicato: 1932-05-14T23:00:00+00:00


Quando egli dormirà ubriaco, o nella sua rabbia,

o nel piacere incestuoso del suo letto…

Le formule magiche erano dalla sua parte, le formule magiche spiegavano e davano degli ordini. Uscí e tornò nella prima stanza. “Quando egli dormirà ubriaco…” Il coltello della carne era lí sul pavimento accanto al focolare. Lo raccolse e sulla punta dei piedi si avvicinò all’uscio. “Quando egli dormirà ubriaco…” Di corsa attraversò la stanza e colpí – oh! il sangue – colpí di nuovo mentre Popé si scuoteva di dosso il sonno, alzò la mano per colpire ancora, ma si sentí afferrare e – oh, oh! – torcere il pugno.

Non poteva piú muoversi, era preso in trappola, e c’erano i piccoli occhi neri di Popé, vicinissimi, fissi nei suoi. Distolse lo sguardo. Due tagli si vedevano nella spalla sinistra di Popé. “Oh! guarda il sangue!” gridava Linda. “Guarda il sangue!” Essa non aveva mai potuto sopportare la vista del sangue. Popé alzò l’altra mano: per colpirlo, pensava John. Si irrigidí per ricevere il colpo. Ma la mano lo prese soltanto sotto il mento e gli voltò la faccia, cosí che egli fu di nuovo costretto a fissare negli occhi Popé. Per lungo tempo per ore e ore. E improvvisamente – egli non poté impedirselo – si mise a piangere. Popé invece scoppiò in una risata, “Va’” disse con quell’altre parole indiane. “Va’ mio bravo Ahaiyuta.” Egli corse via nell’altra stanza per nascondere le lacrime.

“Tu hai quindici anni” disse il vecchio Mitsima in indiano. “Ormai posso insegnarti a lavorare l’argilla.”

Accosciati presso il fiume, lavorarono insieme.

“Per prima cosa” disse Mitsima prendendo con le mani un blocco d’argilla umettata “facciamo una piccola luna.”

Il vecchio schiacciò il blocco e ne fece un disco, poi ne curvò i bordi; la luna divenne un vaso concavo.

Lento e maldestro egli imitava i gesti delicati del vecchio.

“Una luna, un vaso e adesso un serpente.” Mitsima arrotolò un altro frammento d’argilla facendone un lungo cilindro flessibile, lo curvò in un cerchio e l’appoggiò sul bordo della ciotola. Poi ancora un serpente. Ancora uno. Ancora uno. Cerchio su cerchio Mitsima lavorò ai fianchi del vaso; questo era stretto, poi si gonfiò, e si restrinse di nuovo verso il collo. Mitsima schiacciò e batté, lisciò e raschiò e finalmente la cosa si definí in forma d’un recipiente d’acqua familiare di Malpais, ma d’un bianco cremoso invece che nero e ancora molle a toccarlo. Parodia deforme di quello di Mitsima, il suo si ergeva lí presso. Guardando i due recipienti, egli fu costretto a ridere.

“Ma il prossimo sarà migliore” disse: e si mise a umettare un altro blocco d’argilla.

Modellare, dare la forma, sentire le proprie dita acquisire agilità e potere: ciò gli dava un piacere straordinario. “A, B, C, Vitamina D” egli cantarellava tra sé lavorando. “Lo iodio è nel fegato, il merluzzo è nel mare.” E anche Mitsima cantava: una canzone sull’uccisione di un orso.

Lavorarono tutto il giorno, e per tutto il giorno egli fu pieno d’una intensa, assorbente felicità.

“Quest’inverno” disse il vecchio Mitsima “ti insegnerò a maneggiare l’arco.



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