Il nano e il manichino by Slavoj Žižek

Il nano e il manichino by Slavoj Žižek

autore:Slavoj Žižek [Žižek, Slavoj]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ponte alle Grazie
pubblicato: 2021-04-26T22:00:00+00:00


Capitolo quinto

Sottrazione, ebraica e cristiana

Quando si ha a che fare con un testo erotico-religioso come il Cantico dei cantici, i commentatori si affrettano ad avvertirci che il suo estremo ed esplicito erotismo deve essere letto in modo allegorico, come una metafora: per esempio, quando, nel poema, l’amato bacia le labbra della donna, ciò «significa in realtà» che Egli impartisce agli ebrei i Dieci Comandamenti. In breve, ciò che appare come la descrizione di un incontro sessuale «puramente umano» esprime simbolicamente la comunione spirituale di Dio e del popolo di Israele. Tuttavia sono proprio i più acuti studiosi della Bibbia i primi a sottolineare i limiti di una simile lettura metaforica, che rifiuta il contenuto sessuale descritto in quanto «mera similitudine»: è precisamente una tale lettura «simbolica» a essere «puramente umana», cioè a insistere sull’opposizione esteriore di simbolo e suo significato, appiccicando goffamente un «significato più profondo» a un contenuto sessuale esplosivo. L’interpretazione letterale (per esempio, del Cantico dei cantici come erotismo quasi pornografico) e la lettura allegorica sono i due lati della stessa operazione: ciò che condividono è la presupposizione comune che la sessualità «reale» sia «puramente umana», senza una dimensione divina in essa individuabile. (Naturalmente sorge qui la domanda: se la sessualità è solo una metafora, perché, in primo luogo, abbiamo bisogno di questa deviazione problematica? Perché non esprimiamo direttamente il vero contenuto spirituale? Perché, a causa dei limiti della nostra natura sensibile finita, questo contenuto non ci è direttamente accessibile?). E se, tuttavia, il Cantico dei cantici non dovesse essere letto come un’allegoria, ma, molto più letteralmente, come la descrizione di un gioco erotico puramente sensuale? E se la «più profonda» dimensione spirituale fosse già operante nello stesso appassionato rapporto sessuale? Il vero obiettivo è così non ridurre la sessualità a una mera allegoria, ma rivelare l’intrinseca dimensione «spirituale» che separa definitivamente la sessualità umana dall’accoppiamento degli animali. È, tuttavia, possibile compiere questo passo dall’allegoria alla piena identità nell’ebraismo? Questo non è forse ciò che è specifico del cristianesimo, con la sua affermazione della diretta identità di Dio e uomo?1

Vi è un ulteriore problema con il Cantico dei cantici. La difesa standard dell’«ebraismo psicoanalitico» contro il cristianesimo prevede due rivendicazioni: la prima, è solo nell’ebraismo che incontriamo l’ansia del traumatico Reale della Legge, dell’abisso del desiderio dell’Altro (il lacaniano «che vuoi?»); il cristianesimo ricopre questo abisso con l’amore, cioè, la riconciliazione immaginaria di Dio e dell’umanità nella quale l’incontro ansiogeno con il Reale viene mitigato – ora sappiamo cosa vuole l’Altro da noi – Dio ci ama, il sacrificio di Cristo è la prova finale di ciò... Seconda rivendicazione: testi come il Cantico dei cantici non dimostrano forse che, lungi dall’essere (solo) una religione dell’ansia, l’ebraismo è anche e soprattutto la religione dell’amore, un amore persino più intenso di quello cristiano? Il patto tra Dio e il popolo di Israele non è forse un supremo atto d’amore? Tuttavia, come abbiamo già fatto notare, questo amore ebraico resta «metaforico»; in quanto tale è esso stesso la riconciliazione immaginaria di Dio e dell’umanità nella quale l’incontro ansiogeno con il Reale viene mitigato.



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