Il ponte sulla Drina by Ivo Andric

Il ponte sulla Drina by Ivo Andric

autore:Ivo Andric
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
pubblicato: 2011-09-30T22:00:00+00:00


14.

L’esistenza nella cittadina vicino al ponte si faceva sempre più vivace, sembrava sempre più ordinata e ricca e assumeva un passo uniforme e un equilibrio fino ad allora sconosciuto, quell’equilibrio cui ovunque e da sempre tende ogni vita ma che viene raggiunto solo raramente, parzialmente e per poco tempo.

Nelle lontane e a noi ignote città dalle quali adesso si regnava e si governava anche sulle nostre terre, c’era appunto in quel tempo l’ultimo quarto del secolo diciannovesimo uno di quei radi e brevi periodi di tregua nei rapporti umani e negli eventi sociali. Qualche riflesso di tale tregua veniva avvertito anche in queste remote regioni, così come la grande quiete del mare si avverte anche nelle insenature più distanti.

Erano quei tre decenni di relativo benessere e di apparente pace promossa da Francesco Giuseppe, quando molti europei pensavano che si fosse trovata la formula infallibile per attuare il secolare sogno del pieno e felice sviluppo della personalità nella libertà e nel progresso civile, quando il secolo diciannovesimo dispiegava dinanzi agli occhi di milioni di uomini i molteplici e illusori suoi benefici e creava la propria fata Morgana di comfort, di sicurezza e di felicità, per tutti e per ognuno, a prezzi accessibili e rateizzabili. Ma nella sperduta cittadina bosniaca, di tutta questa vita del secolo diciannovesimo, giungevano appena echi indistinti, e solo nella misura e nella forma in cui poteva accoglierli, concepirli a suo modo e applicarli questo arretrato centro orientale.

Dopo che furono trascorsi i primi anni di diffidenza, di disorientamento, di titubanza e di senso del provvisorio, la cittadina cominciò a trovare il proprio posto nel nuovo ordine delle cose. La popolazione trovò lavoro, guadagni e sicurezza, e questo bastò perché‚ la vita, la vita esteriore, anche là procedesse “lungo il cammino del perfezionamento e del progresso”. Tutto il resto rimase compresso in quell’oscuro fondo della coscienza dove vivono e fermentano i sentimenti fondamentali e le indistruttibili persuasioni delle singole razze, fedi e caste, sentimenti e persuasioni che, apparentemente morti e seppelliti, preparano per successivi, lontani tempi, inaudite metamorfosi e catastrofi, senza le quali, a quanto pare, non possono esistere i popoli, e questa terra in particolare.

Il nuovo governo, dopo i primi malintesi e i primi urti, lasciò nella gente un’impressione ben ferma di saldezza e di durevolezza. (Esso stesso si cullava in questa illusione, senza la quale non esiste governo duraturo e forte.) Era un governo impersonale, indiretto, e per ciò stesso più facilmente tollerabile di quello turco che c’era stato prima. Tutto quello che in esso v’era di crudele e di rapace veniva nascosto dal decoro, dallo splendore e dalle forme consacrate. La gente temeva il governo, ma allo stesso modo che si ha paura della malattia e della morte, non già come si trepida per la malvagità, la miseria e la violenza. Gli esponenti del nuovo governo, militari e civili, erano, per lo più, estranei al paese e inesperti della popolazione, e inoltre di per se stessi insignificanti, ma a ogni passo si sentiva che erano parti



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