Il porto maledetto by Paul Doherty Harding

Il porto maledetto by Paul Doherty Harding

autore:Paul Doherty Harding
La lingua: ita
Format: azw3, mobi
editore: Mondadori
pubblicato: 2006-12-31T23:00:00+00:00


8

Mentre Athelstan proseguiva verso Saint Erconwald, altre persone coinvolte nel mistero che attorniava la God’s Bright Light si mettevano all’opera. L’uomo seduto in un angolo di una taverna vicino al molo guardò attraverso la finestra aperta la nebbia che si stendeva sul fiume e, sforzandosi di tenere a freno la furia omicida che gli faceva ribollire il sangue nelle vene, portò una mano all’impugnatura del pugnale che aveva alla cintola.

— Così lontano — mormorò. — Così maledettamente lontano eppure così vicino.

Respirò a fondo, chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della seggiola. Rammentava Roffel che camminava sul ponte, il vento che gonfiava la grande vela, la nave che tagliava le onde come un coltello nella crema, puntando su quel peschereccio. Per il suo equipaggio non c’era stato scampo. Lo stesso Roffel aveva guidato l’assalto, sordo alle grida che chiedevano pietà, in particolare a quelle degli inglesi. E poi, più tardi, nella cabina del capitano…

L’uomo aprì gli occhi, chinandosi in avanti. Tutto era stato preparato molto bene; poi Roffel aveva avuto quello strano malore ed era morto. E ora tutto era perduto. L’uomo guardò il pezzo di pergamena che qualcuno gli aveva fatto scivolare in mano mentre lui stava bevendo . Lo rilesse.

— Quella maledetta cagna — imprecò.

Gettò la pergamena nel fuoco, si alzò e uscì dalla taverna.

In un’altra parte della città, Bernicia si stava preparando per la sera. Seduta davanti al disco di metallo lucidissimo che le serviva da specchio, sorrise alla propria immagine.

— Lui, lei — mormorò.

Avrebbe abbandonato ogni finzione, decise: dopotutto, il suo segreto era al sicuro con Cranston. Si vedeva come una donna, pensava come una donna, sentiva come una donna. Guardò gli anelli che portava. Era contenta che Roffel fosse morto. Non più dita tagliate, non più omaggi sanguinosi, non più crudeltà. Bernicia era risoluta a cominciare una nuova vita. Finì di abbigliarsi, prese il martello foderato di pelliccia, col cappuccio, spense le candele e uscì, chiudendo a chiave la porta. Non doveva fare molta strada e ben presto raggiunse una piccola birreria all’angolo di Pigsnout, un brutto locale buio e scadente dove gli avventori sedevano su sgabelli traballanti e sgangherati barili da birra servivano da tavoli. Bernicia si avvicinò al taverniere, un uomo dall’aspetto florido, in farsetto di pelle, calze–brache di lana scura e un immacolato grembiule bianco. Capì dal suo viso che l’aveva riconosciuta, ma il rituale fu sempre lo stesso.

— Che cosa desiderate, signora?

— Un calice di vino.

— Bianco o rosso?

— L’uno e l’altro.

— Che cosa, in particolare?

Bernicia rammentò la parola d’ordine della settimana.

— Mi hanno detto che il succo di Bastogne è fresco.

L’uomo l’invitò con un cenno della mano a passare in un piccolo retrocucina, poi attraverso un cortiletto selciato e finalmente in quella che pareva una rimessa, dove si trovavano alcuni tavoli e sacchi di grano e il pavimento era ricoperto di foglie secche e paglia che il taverniere scostò con la punta di uno stivale mettendo allo scoperto una botola.

Quando ne sollevò il coperchio, che si alzò senza il



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