Il primo bambino del mondo by Paola Capriolo

Il primo bambino del mondo by Paola Capriolo

autore:Paola Capriolo [Capriolo, Paola]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2021-03-16T23:00:00+00:00


9.

Ero così sbalordito che Azura dovette prendermi per mano e condurmi come un sonnambulo nella capanna, dove mi fece sedere sul pagliericcio.

“Avrei dunque una sposa? Come è possibile?” dissi quando ebbi ritrovato l’uso della parola. “Fino a questo momento credevo che non esistessero altre creature umane fuori della casa di Adamo.”

Lei sorrise. Non so come, sembrava sapere tutto di Adamo, della colpa che aveva commesso e della sua cacciata dal Paradiso. “Ma colui che l’aveva scacciato,” mi spiegò, “non voleva spingere il suo castigo fino alla distruzione del genere umano: voleva che crescessimo, ci moltiplicassero, popolassimo la terra. Per questo fummo create, io e la mia gemella Awan: perché un giorno andassimo spose a te e ad Abele e all’umanità fosse assicurato un futuro.”

Mi guardai intorno. “La tua gemella? Non vedo nessun altro nella capanna.”

“E infatti non c’è nessun altro: pochi giorni fa Awan mi ha lasciata, non la rivedrò mai più.”

Ora la ragazza piangeva, e io le afferrai le mani cercando di confortarla. “Raccontami tutto, Azura: a volte è un sollievo poter confidare le proprie pene a un orecchio amico.” Era un sollievo che non avevo mai conosciuto, ma questo non lo dissi.

E così, dopo essersi asciugata le lacrime, Azura cominciò a raccontare. Raccontò che lei e la sorella Awan erano cresciute felici nella loro capanna, in quell’isola verdeggiante in mezzo al deserto dove la terra offriva spontaneamente cibo a volontà senza bisogno che la si coltivasse. Poiché non avevano genitori era lei stessa, la terra, a fare loro da madre: alle bambine bastava tendere la mano verso il ramo di un albero per cogliere i frutti più squisiti; le capre, come balie zelanti, porgevano le mammelle gonfie di latte, le api sacrificavano i favi traboccanti di miele, la natura tutta sembrava prodigarsi in ogni modo per accudirle e viziarle. Sì, proprio così, e i suoi doni non si limitavano al latte, al miele e ai frutti. Anche il bosco si era fatto da parte quel tanto che bastava per lasciare spazio a sentieri sui quali le piccole potessero camminare senza fatica da un capo all’altro dell’isola: una premura di cui entrambe gli erano grate, come erano grate a quella capanna che nessuna mano d’uomo aveva costruito, ma che era lì da sempre a offrire loro protezione e riparo.

Così erano cresciute, erano diventate donne, e la sera, quando si coricavano l’una accanto all’altra sul pagliericcio, prima di addormentarsi fantasticavano insieme sull’avvenire che un’oscura voce del cuore aveva preannunciato loro sin dalla prima infanzia, tentando tra risa sommesse di figurarsi gli sposi cui erano state destinate. Ciascuna era convinta che il suo sarebbe stato il più bello, il più forte, il più amoroso; ciascuna si immaginava madre di uno stuolo di bambini; ma ciò che soprattutto le rendeva felici era il pensiero che non si sarebbero mai separate, che le loro famiglie sarebbero vissute sempre l’una accanto all’altra nella più perfetta armonia.

Tutto questo, raccontò Azura, ebbe fine circa un mese prima, durante il novilunio. Quel giorno le due sorelle stavano



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