Il Principe - Dell'arte della guerra by Niccolò Machiavelli

Il Principe - Dell'arte della guerra by Niccolò Machiavelli

autore:Niccolò Machiavelli
La lingua: ita
Format: azw3
Tags: Classici
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2013-01-06T23:00:00+00:00


Libro secondo

Io credo che sia necessario, trovati che sono gli uomini, armargli; e volendo fare questo, credo sia cosa necessaria esaminare che arme usavano gli antichi, e di quelle eleggere le migliori. I Romani dividevano le loro fanterie in gravemente1 e leggermente armate. Quelle dell’armi leggieri chiamavano con uno vocabolo Veliti. Sotto questo nome s’intendevano tutti quegli che traevano2 con la fromba,3 con la balesta,4 co’ dardi, e portavano la maggior parte di loro, per loro difesa, coperto il capo e come una rotella5 in braccio. Combattevano costoro fuora degli ordini e discosti alla grave armadura; la quale era una celata6 che veniva infino in sulle spalle, una corazza che con le sue falde perveniva infino alle ginocchia; e avevano le gambe e le braccia coperte dagli stinieri7 e da’ bracciali, con uno scudo imbracciato lungo due braccia e largo uno, il quale aveva un cerchio di ferro di sopra, per potere sostenere il colpo, e un altro di sotto, acciò che, in terra stropicciandosi, non si consumasse. Per offendere avevano cinta una spada in sul fianco sinistro lunga uno braccio e mezzo, in sul fianco destro uno stiletto. Avevano uno dardo8 in mano, il quale chiamavono pilo, e nello appiccare la zuffa lo lanciavano al nimico. Questa era la importanza delle armi romane, con le quali eglino occuparono tutto el mondo. E benché alcuni di questi antichi scrittori dieno loro, oltre alle predette armi, una asta in mano in modo che uno spiede,9 io non so come una asta grave si possa da chi tiene lo scudo adoperare; perché, a maneggiarla con due mani, lo scudo lo impedisce, con una, non può fare cosa buona per la gravezza sua. Oltre a questo, combattere nelle frotte e negli ordini con l’arme in asta è inutile, eccetto che nella prima fronte dove si ha lo spazio libero a potere spiegare tutta l’asta; il che negli ordini dentro non si può fare, perché la natura delle battaglie, come nello ordine di quelle vi dirò, è continuamente ristringersi; perché si teme meno questo, ancora che sia inconveniente, che il rallargarsi, dove è il pericolo evidentissimo. Tal che tutte le armi che passano di lunghezza due braccia, nelle stretture10 sono inutili; perché se voi avete l’asta e vogliate adoperarla a due mani, posto che lo scudo non vi noiasse, non potete offendere con quella uno nimico che vi sia addosso. Se voi la prendete con una mano, per servirvi dello scudo, non la potendo pigliare se non nel mezzo, vi avanza tanta asta dalla parte di dietro, che quelli che vi sono di dietro v’impediscono a maneggiarla. E che sia vero, o che i Romani non avessono queste aste, o che, avendole, se ne valessono poco, leggete tutte le giornate11 nella sua Istoria da Tito Livio celebrate, e vedrete, in quelle radissime volte essere fatta menzione delle aste; anzi sempre dice che, lanciati i pili, ei mettevano mano alla spada. Però io voglio lasciare queste aste e attenermi, quanto a’ Romani, alla spada per offesa e, per difesa allo scudo con l’altre armi sopradette.



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