Il regno della quantità e i segni dei tempi by René Guénon

Il regno della quantità e i segni dei tempi by René Guénon

autore:René Guénon [Guénon, René]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-23T18:58:35+00:00


22. SIGNIFICATO della metallurgia

Le arti o i mestieri implicanti un’attività che si eserciti sul regno minerale, abbiamo detto, appartengono propriamente ai popoli sedentari, e come tali erano proibiti dalla legge tradizionale dei popoli nomadi, di cui l’esempio più generalmente noto è rappresentato certamente dalla legge ebraica; è infatti evidente che tali arti tendono direttamente alla «solidificazione», la quale, nel mondo corporeo come a noi si presenta, raggiunge di fatto nel minerale il suo grado di manifestazione più elevato. Inoltre il minerale, nella sua forma più comune, quella della pietra, serve innanzi tutto alla costruzione di edifici stabili [È tuttavia vero che, presso molti popoli, le costruzioni delle epoche più antiche erano in legno, senonché, evidentemente, tali edifici non erano né così duraturi, né di conseguenza così fissi, come gli edifici in pietra; l’uso del minerale nella costruzione comporta perciò in ogni caso un maggior grado di «solidità» in tutti i sensi della parola]; una città, in particolare, con l’insieme degli edifici che la compongono appare in qualche modo come un’agglomerazione artificiale di minerali; e del resto, come già abbiamo detto, la vita nelle città corrisponde a un sedentarismo ancor più completo di quello della vita agricola, nello stesso modo in cui il minerale è più fisso e più «solido» del vegetale. Ma c’è di più; le arti aventi come oggetto il minerale comprendono anche la metallurgia sotto tutte le sue forme. Ora, se si osserva che nella nostra epoca il metallo tende sempre maggiormente a sostituire nella costruzione la pietra, così come la pietra aveva un tempo sostituito il legno, si è portati a pensare che debba trattarsi di uno dei sintomi caratteristici di una fase più «avanzata» nel cammino discendente del ciclo; questo viene confermato dal fatto che, in generale, il metallo riveste una parte sempre più grande nella moderna civiltà «industrializzata» e «meccanizzata», e ciò, se così si può dire, tanto dal punto di vista distruttivo quanto da quello costruttivo, giacché il consumo di metallo che le guerre contemporanee comportano è veramente prodigioso.

Questa osservazione concorda del resto con una peculiarità che s’incontra nella tradizione ebraica: fin dal principio, quando l’impiego di pietre era permesso in casi quali la costruzione di altari, veniva tuttavia specificato che le pietre dovevano essere «intere» e «non toccate da ferro» [Deuteronomio, XXVII, 5-6]. Secondo i termini stessi di questo passo, l’insistenza è meno diretta al fatto di non lavorare la pietra quanto a quello di non fare uso di metallo in tale circostanza; la proibizione riguardante il metallo assumeva quindi un maggior rigore, principalmente per tutto quanto fosse destinato ad un uso più particolarmente rituale [Di qui, anche, l’impiego persistente di coltelli di pietra per il rito della circoncisione]. Tracce di questa interdizione permasero anche quando Israele cessò di essere nomade e costruì, o fece costruire, edifici stabili: quando fu eretto il Tempio di Gerusalemme, «le pietre furono tutte trasportate come dovevano essere, cosicché durante la costruzione dell’edificio non si udì né martello, né ascia, né utensili di ferro» [I Re, VI, 7.



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