Il sorriso di Caterina by Carlo Vecce

Il sorriso di Caterina by Carlo Vecce

autore:Carlo Vecce [Vecce, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2022-07-30T00:00:00+00:00


Per qualche giorno Caterina lo ha curato e gli ha procurato non si sa come del cibo: delle erbacce amare che ha premasticato e gli ha infilato nella bocca, radici, ghiande, piccole uova di quaglia che ha trovato cercando nidi qua e là, un pesce crudo che ha afferrato con un guizzo delle mani e ha fatto a brani con i denti; poi nella borsa ha trovato il pugnale e ha cominciato a usare anche quello. Intanto, per comodità, e forse intuendo che sarebbe stato meglio e più sicuro per entrambi, si è tolta la gonnella e si è messa un ricambio di brache di Donato infilandole negli stivali e un suo farsetto, stringendolo per non ballarci dentro, e soprattutto, affilando su una pietra il pugnale anche nel taglio, si è accorciata tutti i capelli come un garzone. Meglio non essere una donna nel viaggio che avrebbero dovuto fare.

Ha tirato su Donato, zoppicante e stralunato, si sono ricoperti con mantelli e cappucci, e con due bastoni hanno cominciato ad andare avanti, come pellegrini poveri e mendicanti, un vecchio padre e suo figlio, implorando agli altri viandanti e pellegrini la carità di un po’ di cibo e cercando una stalla e un ricovero per la notte, e chiedendo la strada per questo luogo sconosciuto il cui nome Donato continuava a ripetere: Firenze, Firenze. Non sa quanto tempo sia passato, ha visto la luna rinnovarsi più volte, ma non ha contato i giorni. Hanno camminato e camminato. Hanno attraversato fiumi, paludi, canali, si sono nascosti dietro le siepi quando passavano bande di mercenari che bruciavano e saccheggiavano i villaggi, sono stati accolti sotto i portici di ospedali da frati misericordiosi e hanno dormito sotto le stelle tra le rocce di alte montagne che riflettevano la luna piena, si sono addentrati in fitte boscaglie che risuonavano di ululati di lupi, e lei stringeva con più forza il pugnale. Ha cacciato lepri e preso pesci nei torrenti, ha acceso il fuoco e ha cucinato per Donato, che ripeteva sempre, gli occhi persi: Firenze, Firenze.

Quegli occhi si sono ravvivati quando sono scesi in una valle che lui pareva riconoscere, e allora sembrava che gli tornassero le forze, e lei doveva trattenerlo, perché gli stava anche tornando la febbre, e il suo sangue tornava a scaldarsi. Pioveva, pioveva sempre in quella valle boscosa, e sono stati salvati per un po’ dall’ospitalità di un convento di frati. Un loro cercatore che andava al posto chiamato Firenze si è offerto di portarli su un suo carretto per la strada che si dipanava tra i monti che digradavano e diventavano colli, finché non scendeva verso una valle dove in lontananza luccicava l’argento di un fiume. Donato spalancava gli occhi e indicava tremante al frate di svoltare di qui, e poi di là, tra vigneti e ulivi, fino a deporli all’angolo di una chiesetta e di un campanile. Sono arrivati ieri. Donato si è fatto trascinare da Caterina ancora per un po’, lungo la strada polverosa. Hanno sentito abbaiare un



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